“[...] questa prodigiosa città riunisce tutti i primati. Qui il caso non ha prodotto nulla, ha distrutto soltanto; ciò che rimane in piedi è sempre stupendo, così come ogni frammento è venerabile, e del caos delle rovine traspare la norma originaria, riaffacciatasi nelle nuove, grandiose forme di chiese e palazzi”.
J.W. Goethe: Viaggio in Italia, Firenze, 1980, p. 451
Attraverso l’interpretazione del rapporto storia-natura, possono essere ritrovati o scoperti alcuni valori e significati peculiari di una città come Roma e di un territorio come quello che la circonda. Perché questo possa realizzarsi occorre però che siano nuovamente possibili sensazioni, visuali, modi e tempi di conoscere e di essere, meditazioni, scoperte, quali quelle che in epoche passate hanno sollecitato l’interesse, gli studi, la particolare attenzione da parte di intellettuali e ricercatori, la curiosità e il piacere dei visitatori e degli stessi romani. Un insieme di cose che riemergono oggi come esigenze culturali ed esistenziali di un nuovo rapporto tra città e natura, tra passato e futuro, tra individui e gruppi.
Desideriamo una città in cui sia possibile muoversi anche in modo non meccanizzato, ma soprattutto silenzioso (a piedi, in bicicletta), in cui si possa entrare e uscire attraverso belle strade e “porte”, come accade ancora percorrendo via Aurelia antica, via di porta S. Sebastiano, via Latina; come potrebbe accadere percorrendo nuovi viali e strade-parco.
- Una città nella quale si colgano i rapporti con gli orizzonti lontani e vicini: monte Cavo è stato per secoli un punto di riferimento simbolico e funzionale ed in ogni veduta di Roma fino al XIX secolo l’orizzonte viene delimitato dai profili dei monti che avvolgono la città.
- Una città non soffocata dal rumore e dai vapori delle auto e dei motorini, in cui si possa sentire l’odore della pioggia sulla terra e sugli alberi, in cui esistano strade, piazze, giardini silenziosi, dove si possa stare a conversare, dove si possa sentire lo scorrere dell’acqua nelle fontane e mostre d’acqua, in cui si ritrovi il rapporto con il Tevere, l’Aniene e i corsi d’acqua minori.
- Una città in cui si possa ritrovare il nesso tra edifici e spazi liberi, tra monumenti e paesaggi, in cui le facciate, i marciapiedi, le prospettive delle strade, non siano sommerse di cartelloni pubblicitari e altre mille intrusioni che distruggono qualsiasi ambiente e paesaggio.
- Una città dalla quale sia possibile raggiungere, anche attraverso belle strade-passeggiata, le altre piccole città che la circondano, ognuna delle quali ha una sua storia e una sua struttura riconoscibile.
I requisiti auspicati per la “nuova città” possono sembrare troppo bucolici, o utopistici, o addirittura antagonisti di altre immagini e aspettative altrettanto forti: la metropoli densa di gente, di attività, di scambi, di luci. Ma, a ben considerare, i requisiti indicati, da noi riferiti soprattutto al sistema delle aree libere, sono la manifestazione sensibile di intenti più generali accettati e dichiaratamente perseguiti: come il controllo del traffico e dell’inquinamento, l’equilibrato alternarsi di spazi liberi e costruiti, di luoghi tranquilli e affollati. Sono in sostanza la manifestazione sensibile - cioè il paesaggio - di tre categorie di valori ritenuti essenziali per la qualità e la vivibilità urbana: la qualità ambientale della città, la sua funzionalità, la sua qualità formale. Non diversamente da come ogni paesaggio è la manifestazione sensibile - e non solo visibile - del rapporto fra un tratto di territorio e la società, o gli individui, che lo abitano, guardano, giudicano, configurano.
In una città siffatta avremmo probabilmente la possibilità di scoprire e apprezzare almeno tre aspetti sostanziali e singolari di Roma, continuamente presenti negli scritti degli autori che hanno descritto la città e il suo paesaggio:
- Il senso meditato, o immediato quasi fisicamente percepibile, del nostro convivere con la storia: Montaigne durante le sue passeggiate per Roma, constatava di stare camminando due picche al di sopra dell’antico suolo romano; ma, quattro secoli dopo, è continua anche per noi la percezione dei diversi livelli di suolo e di costruzioni succedutesi sullo stesso sedime, in epoca romana, medioevale, papale, attuale.
- L’emozione della scoperta dei paesaggi del tempo della natura provocata, ad esempio, da una tenue presenza fossile che testimonia l’incontro tra due eventi naturali remoti: la descrive Levi Strauss come esperienza avuta durante una gita nella campagna del Languedoc. Ma quante esperienze simili può offrire un territorio come quello di Roma in cui i vulcani hanno incontrato le valli sommerse, in epoche remote, dal mare; dove, sulla riva dell’Aniene giacciono i resti di grandi elefanti antichi, che dovevano aggirarsi in un paesaggio ben diverso da quello attuale.
- La ricchezza di segni offerti alla interpretazione, alla fantasia, alla memoria degli abitanti e dei visitatori, che sono una delle manifestazioni delle “città felici di Italo Calvino”. Roma e il suo territorio sono largamente dotati di questa ricchezza, nelle scritte scolpite in bei caratteri romani sui monumenti, nelle targhe che ricordano alluvioni e comminano pene a chi non rispetta i luoghi, nelle sue architetture, nelle strutture metalliche di opere dell’archeologia industriale, nei grandiosi portali aperti nei muri che racchiudono parchi e tratti di campagna; e nel tessuto stesso della città storica.
Nella nuova città questi valori vanno ritrovati.
Un ringraziamento e un pensiero a tutti coloro che si occupano con “affetto” di paesaggio ed ai tanti allievi, collaboratori, studiosi, associazioni che ho incontrato nel corso della mia attività, la maggior parte dei quali citati nei lavori presentati.
Ultimo scritto di Vittoria Calzolari, redatto come testo conclusivo del volume Paesistica. Paisaje. Vittoria Calzolari, Instituto Universitario Urbanistica,Valladolid 2012, su gentile concessione di Alfonso Álvarez Mora, curatore ed editore del libro.