Bruno Zevi era un romano, uno degli intellettuali più lucidi e coraggiosi che l’intera cultura architettonica mondiale abbia conosciuto. Un “romano prima in America”, poi a Venezia e poi di nuovo a Roma.
Un furioso egocentrico di sapiente ironia, sfuggente ed eretico. La sua eresia era nel paradosso dell’emancipazione della diversità, nel culto del diverso che deve o vuole uscire dal ghetto. Ma uscendo da precisi confini, seppur coatti, c’è il rischio e l’avventura della contaminazione, della perdita di identità, della sfida del dialogo e la difficoltà di giungere a nuove sintesi.
In tutto questo troviamo la sua concezione di architettura, di città, di territorio, di civiltà. La sua storia dell’architettura, la sua critica al mondo parte dalla necessità di agire attraverso una severa e attenta analisi proprio di quei principi di identità che hanno dato carattere, senso e giustezza al fare architettonico nei secoli.
“Saper vedere” è il primo passo per capire, inventare, creare e costruire, nella contaminazione e nel dialogo, nella fluidità del pensiero come nella compenetrazione degli spazi.
Nelle contraddizioni e negli errori che Zevi si è portato dietro, brilla comunque la sua capacità di esporsi e nello stesso momento di astrarsi per dare profondità a dei giudizi che spesso sono stati più politici che strettamente culturali. La parentesi americana gli ha permesso di aprire il campo della sua consapevolezza fino ad arrivare a una posizione libertaria che gli ha fatto esprimere con chiarezza il suo anti-fascismo come il suo anti-comunismo. I motivi sono di carattere sia umano sia estetico.
Dalle sorti dei fratelli Rosselli a quelle degli anarchici in Spagna, contrastati ed eliminati dal comunismo, passando dalle leggi razziali fino all’allucinata atrocità della deportazione, Zevi rincorre la necessità di esprimere una riflessione estetica come strumento di combattimento, di avanguardia, per svelare le perversioni dell’orrore che prende forme seducenti, rassicuranti e di facile consenso, annullando la tensione intellettuale che deve sistematicamente sottendere l’impegno dell’architetto come quello dell’artista.
Autore: Flavio Mangione
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Bruno Zevi
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di Roma e Provincia. Fondo Sara Rossi Architetto