Recupero

Questo secondo numero di AR si propone di riunire punti di vista, esperienze in corso e realizzate, progetti urbani e architettonici su di un tema comune che riteniamo rilevante tanto sul piano culturale, politico e sociale, quanto sul piano operativo della prassi del fare architettura: il tema del recupero delle aree urbane e dei manufatti architettonici. Sostenuto dalla recente attenzione alla Legge sul consumo di suolo, in fase di approvazione, che riconnette il mantenimento del patrimonio naturale alla necessaria promozione di operazioni di rigenerazione urbana,

il recupero costituisce la sfida attuale con cui la politica in generale, le amministrazioni locali, gli architetti e le imprese di costruzione si devono confrontare basandosi sulla conoscenza della questione urbana, della questione economica e della questione ambientale, per valutare appieno le possibili ricadute nell’interesse collettivo. I recenti dibattiti a livello nazionale sui processi di valorizzazione delle aree demaniali e, a livello locale, sulla riconversione e il riuso dei cinema romani e sulla dismissione del patrimonio dell’EUR Spa, rinnovano, infatti, la discussione su come intervenire per il recupero dei beni pubblici e di tutti quelli legati agli interessi della cittadinanza. Il recupero, già da alcuni anni, è il motore del 70% dell’economia del settore edilizio (Cresme 2014), può costituire una strada per la riduzione degli impatti ambientali delle città contrastando il consumo di suolo e dando l’opportunità di intervenire su un patrimonio immobiliare che per oltre il 60% è costituito da edifici energivori realizzati da più di 40 anni, e può svolgere un importante ruolo sociale consentendo una ridistribuzione minuziosa dei servizi e un nuovo mix funzionale del tessuto urbano consolidato. Inoltre sulla posta del recupero funzionale, tecnologico ed energetico degli edifici ci sono incentivi che spingono a operare in questa direzione. Incentivi statali, che porteranno, nel breve e medio periodo, ritorni economici ben più significativi di quelli prodotti dalle pratiche di condono edilizio negli anni passati. Incentivi europei, che devono essere sfruttati in questa fase, operando per raggiungere l’obiettivo di rinnovare e realizzare edifici a energia zero entro il 2019, anche per evitare il rischio di nuove infrazioni e conseguenti multe dell’ Unione Europea. AR 112 declina il tema del recupero nella sua accezione più ampia, includendo i concetti di valorizzazione, riuso, rigenerazione e rinnovamento urbano, attraverso il racconto di interventi di successo, alla scala urbana e architettonica, la denuncia di situazioni irrisolte, la discussione sulle tecniche e i processi di trasformazione. La problematica del recupero è affrontata secondo diversi punti di vista. Dal punto di vista procedurale, attraverso alcuni contributi del Demanio che indicano le regole secondo cui si sta procedendo all’alienazione del patrimonio pubblico. Dal punto di vista culturale, ponendo la questione della trasformazione misurata vs la sostituzione clamorosa. Dal punto di vista delle potenzialità di crescita economica che un nuovo “Rinascimento Urbano” può portare alle città. Dal punto di vista progettuale, proponendo quanto di buono è stato fatto a livello nazionale e internazionale sia a livello urbano (si vedano l’esempio di Torino e l’operazione trentennale fatta da SEMAPA per Parigi Rive Gauche) che architettonico, attraverso interventi di agopuntura urbana e di recupero e riuso di singoli edifici. Ci interessa soprattutto riflettere sulle opportunità di Roma, interrogarci sul suo futuro, stimolando un dibattito che porti all’individuazione di possibili scintille di rinnovamento utili alla costruzione di una visione più ampia di recupero della città. Roma possiede un potenziale di rigenerazione significativo dovuto alla consistenza del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione: il 26% del territorio comunale è di proprietà pubblica, 34.000 ha su 129.000 ha di estensione di Roma, di questo il 42% è di Roma Capitale. C’è la possibilità di fare, e la Carta della Città Pubblica - il censimento dei beni pubblici di Roma redatto dall’Amministrazione Capitolina - costituisce il primo importante passo in questa direzione, consentendo di individuare numerosi beni patrimoniali che, per dimensioni in termini di volumetria e superficie possono, attraverso il recupero e la gestione strategica, influenzare significativamente l’ambito urbano in cui si collocano in ragione della localizzazione in aree centrali di pregio e, talvolta, del loro valore storico artistico. Si tratta di una risorsa preziosa, non solo in termini monetari immediati per lo Stato, ma anche quale volano per la riqualificazione e la crescita di ampie porzioni di tessuto urbano che potrebbero così accrescere il loro valore e diventare attrattori di investimenti. Il recupero del patrimonio immobiliare può, quindi, contribuire a rendere più efficiente il funzionamento e la gestione di opere edilizie e aree urbane, a dare risposta alla cronica carenza di servizi pubblici e privati favorendone la capillare distribuzione, e a offrire nuove soluzioni alla domanda abitativa secondo strategie di rigenerazione urbana sostenibile che vanno nella direzione del recupero e della manutenzione del patrimonio esistente, della riconversione funzionale e del riuso di immobili e siti degradati. La valorizzazione di aree dismesse può consentire interventi di ridensificazione e sostituzione edilizia che, se programmati in coerenza con una visione di sviluppo urbano più ampio, possono concorrere alla riduzione dei costi determinati da un consumo di suolo non controllato, favorendo un rinnovato e più efficace mix funzionale. Attraverso la realizzazione di casi esemplari, può essere affermata una cultura della demolizione e ricostruzione alla microscala che, se gestita in modo sistemico, può permettere di superare la logica di capitalizzazione delle risorse immobiliari, sollecitando attività di trasformazione e rigenerazione urbana. Perché questo avvenga l’Amministrazione si deve fare carico di una strategia per il rinnovamento urbano di Roma, una strategia che nasca da un progetto complessivo e individui gli obiettivi cui tendere per la rinascita della città. Non basta un processo di razionalizzazione delle sedi della Pubblica Amministrazione, una ricollocazione degli uffici statali negli edifici che appartengono al patrimonio immobiliare pubblico, che sta avvenendo e che pure consente significativi risparmi di soldi pubblici per le locazioni. È necessario un piano strategico di rinnovo urbano, di trasformazione, riuso e valorizzazione di quanto già abbiamo e, quando serve, di sostituzione edilizia, senza paura. Deve essere progettata una visione di sviluppo organico della città, secondo criteri di valorizzazione che vadano nella direzione della trasparenza delle procedure, della certezza delle regole, dei tempi, dei comportamenti, operando anche per cercare di individuare nuove modalità - stavolta virtuose e trasparenti - di partnership pubblico privato. In questo senso, come Ordine, stiamo lavorando per cercare di realizzare una nuova stagione di concorsi quali ad esempio quello in fase di organizzazione con l’ATER, e la proposta di rifacimento del Concorso indetto nel 1966 per i nuovi uffici della Camera dei Deputati. La rigenerazione della città, non può nascere dalla sommatoria degli interventi, seppur singolarmente di qualità, ma deve essere progettata e governata sotto il profilo sociale ed economico mettendo a fuoco con chiarezza gli obiettivi cui tendere per mettere in grado Roma di competere, nel breve periodo, con le altre capitali europee.

Eliana Cangelli

Gli articoli “Centro polifunzionale Appio I” e “Manchester” sono stati selezionati tra le risposte degli iscritti alla Call Tematica.