Il Gruppo Cassa depositi e prestiti (Cdp) gestisce attraverso le proprie società specializzate nel real estate un patrimonio immobiliare distribuito sul territorio italiano la cui superfice supera i 2 milioni di metri quadrati. Gli immobili, localizzati nei principali capoluoghi, sono interessati attualmente da un percorso di valorizzazione che il Gruppo Cdp porta avanti in coordinamento con le municipalità interessate: si tratta di immobili o aree di provenienza militare o civile, di grandi dimensioni, che una volta rifunzionalizzati sono destinati in alcuni casi a cambiare in modo sostanziale la distribuzione delle varie funzioni urbane a Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Venezia, ecc.
Gli immobili in portafoglio costituiscono talvolta oggetti d’importanza culturale, dunque non solo edifici di grande pregio ma anche di notevole rilevanza storico-architettonica: gli interventi di restauro, conservazione e valorizzazione che su iniziativa del Gruppo Cdp vengono realizzati in tali edifici sono volti alla rifunzionalizzazione nel rispetto delle specificità di ciascun manufatto e del relativo contesto, nell’intento di restituire la necessaria vitalità a brani urbani spenti o degradati, recuperando l’architettura come prodotto complesso e diacronico, “che incorpora norme, esigenze, tecnologie, gusto estetico e continua ad essere usata e trasformata” nel pieno rispetto dei contenuti del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che, in attuazione dell’art. 9 della Costituzione conferma il principio (art.1) che “La Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale” e che tutti i soggetti attivi, pubblici e privati, “sono tenuti a garantirne la conservazione, la fruizione e la valorizzazione” (art. 3-5).
Il progetto di conservazione e restauro dell’ex Ufficio Geologico in Largo di Santa Susanna è stato concepito con l’obiettivo di permettere in futuro la coesistenza e integrazione di funzioni culturali e direzionali. L’intervento prevede il riuso degli spazi esistenti con destinazione a uffici, attraverso il recupero degli elementi costruttivi, stilistici e cromatici dell’edificio originario, restituendo alla cittadinanza un recuperato valore architettonico e un’area archeologica musealizzata fruibile con il restauro dei reperti e l’ausilio digitale di immagini della ricostruzione ipotetica del complesso.
A realizzare questo importante obiettivo del Gruppo Cdp, di particolare impegno anche sotto il profilo organizzativo, ha contribuito il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che, attraverso il fondamentale apporto delle Soprintendenze di Roma, ha indirizzato le scelte progettuali e sorvegliato costantemente i lavori, oltre ad aver fornito un apporto collaborativo interdisciplinare di professionalità d’alto profilo tecnico e artistico.
L’ufficio geologico di Giuseppe Carosi
Asset & Project management Cdp Immobiliare
L’edificio fu realizzato a ridosso della chiesa seicentesca di Santa Maria della Vittoria, opera di Carlo Maderno e Bartolomeo Breccioli, attraverso l’esproprio del convento dei padri Carmelitani, in un’area densa di pre-esistenze che venne a trovarsi al centro delle trasformazioni urbanistiche della capitale post-unitaria e, dopo alcune vicessitudini, fu assegnato al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, per soddisfare le richieste di spazi per la collocazione delle macchine di prova dei materiali da costruzione.
Il nuovo progetto risulta concepito come un adattamento del convento, ma con un’architettura che si discostò radicalmente dalla pre-esistenza, mostrando audace impiego di tecnologie allora poco sperimentate: struttura mista in ferro e muratura con ampi volumi liberi, rompendo radicalmente con il contesto ed evidenziando l’edificio per la sua modernità.
Questa modernità non fu l’esito di un progetto unitario ma dell’avvicendarsi di decisioni e ripensamenti, dovute al sofferto iter burocratico a cui fu sottoposta la costruzione. Dopo un timido progetto di ristrutturazione del convento, presentato nel 1873, nel 1877 fu elaborato un progetto che modificava anche l’involucro architettonico, dando al fabbricato l’imponente facciata classicheggiante che oggi è interclusa nel cortile del Ministero dell’Agricoltura.
Solo nel 1879, a cura dell’ingegnere Raffaele Canevari, fu redatto il progetto che fu poi realizzato creando qualcosa di completamente nuovo. Canevari modificò l’orientamento dell’edificio, aprendo verso Largo di Santa Susanna i due corpi di fabbrica, ovvero il volume principale allineato con la chiesa di Santa Maria della Vittoria e il corpo di fabbrica dell’ingresso più basso e arretrato, smaterializzando le facciate e adottando soluzioni progettuali all’avanguardia.
Questo progetto, purtroppo, non risulta agli atti, i soli documenti progettuali rinvenuti sono posteriori e riguardano la richiesta di sopraelevazione del corpo centrale con la costruzione di una galleria al piano del terrazzo che riunisse le estremità dei due padiglioni avanzati. Il relativo progetto fu elaborato dal signor Luswerg e approvato da Canevari nel 1887.
Negli anni successivi la facciata del corpo di fabbrica più basso, quello dell’ingresso, fu modificata dall’aggiunta di un terzo livello, con caratteri architettonici che si allontanano dalla modernità, e successivamente, con lo stesso carattere, fu sopraelevato il corpo scala e fu realizzato un quarto piano, prima solo sul fronte verso il cortile poi sull’ala verso via XX Settembre.
Dei progetti che interessarono l’edificio nel corso del Novecento non è stata reperita alcuna documentazione: sappiamo che gli infissi in legno della facciata principale furono sostituiti con nuovi serramenti in ferro-finestra, presumibilmente dopo la Grande Guerra, e che tra il 1943 ed il 1960 furono costruiti quei corpi di fabbrica senza qualità architettonica che completano il prospetto con la soprelevazione del quinto piano.
Il progetto di restauro e risanamento del palazzo
di Manuela Fedeli
Studio di Architettura Tamburini
Il susseguirsi degli interventi legislativi nell’ultimo decennio ha palesato la volontà di procedere alla dismissione e valorizzazione dei beni demaniali. Di conseguenza l’intervento sul patrimonio immobiliare è diventato sempre più una necessità di notevole importanza nella politica delle città e del territorio, soprattutto quando si tratta di recuperare e restituire dignità ai beni architettonici che la storia ci ha lasciato.
L’ex Ufficio Geologico di Largo Santa Susanna si è trovato, senza un vero motivo, in una situazione di sospensione per diversi anni, suscitando dibattiti che non vedevano mai una reale soluzione. Nel 1995, infatti, iniziava la sua prima ristrutturazione a firma dell’architetto Valle, fermata poco dopo per i ritrovamenti archeologici (2001) e definitivamente nel 2003 con l’inserimento dell’immobile nell’elenco dei beni demaniali da cartolarizzare e in un programma di valorizzazione che, in attuazione della legge 410/01, ne cambiava la destinazione d’uso da Ufficio Pubblico a Servizi e Commerciale. Sul palazzo pesano sia un vincolo archeologico, dal 2001, dopo il ritrovamento di consistenti resti delle Mura Serviane, sia, rappresentando esso uno dei pochi esempi di architettura liberty della Capitale, un vincolo architettonico dal 1991.
Una rapida analisi visiva dell’edificio documenta una situazione complessa e le vistose aggiunte improprie che sono state realizzate in epoche successive alla sua costruzione. Modifiche che hanno portato alla attuale curiosa volumetria ove le sopraelevazioni degli ultimi piani, con la loro dichiarata alterità, non hanno tanto comportato la perdita della leggibilità dell’impianto originario quanto quella della identità architettonica esterna.
L’attuale progetto è stato per questo improntato alla bonifica, al risanamento e al restauro finalizzati alla valorizzazione e al recupero della perduta qualità e originalità architettonica.
L’attenzione conservativa dev’essere qui considerata come l’anello indispensabile e prioritario del progetto di valorizzazione: un progetto animato dalla volontà di mantenere l’identità del bene con una serie di opere edilizie atte a garantire il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali, dell’organismo edilizio. Interventi capaci di migliorarne la conoscenza, incrementandone la fruizione e “cercando di trasmettere quei valori di cui il bene stesso è portatore”.
La nuova progettazione dei volumi dei piani quarto, quinto e di copertura, nel rispetto di quanto emerso dall’analisi storica ma anche della sagoma e delle altezze esistenti, intende restituire al prospetto principale le caratteristiche di leggerezza e trasparenza che gli appartengono, liberandolo dell’attuale senso di schiacciamento inevitabilmente causato dai grevi volumi novecenteschi, privi di carattere architettonico.
Le opere previste ripristineranno la percezione visiva del fabbricato da via Bissolati grazie alla costruzione delle nuove volumetrie spinte verso il cortile interno, mantenendo una connotazione architettonica analoga al torrino presente in corrispondenza dello scalone principale.
La demolizione dell’edificio realizzato nei lavori del 1995, all’interno del cortile che dà sul Ministero dell’Agricoltura, rappresenta un esplicito atto di salvaguardia del bene. Tale corpo occludeva parte della facciata interna non permettendo, da un lato, una dignitosa fruizione degli ambienti retrostanti, relegati inevitabilmente ad archivi, dall’altro, di apprezzare la facciata storica stessa, a cui il nuovo progetto restituirà la sua originale bellezza architettonica, ridefinendo anche la spazialità del cortile interno.
Il progetto di restauro è stato altresì animato dalla volontà di rendere l’immobile, nel rispetto degli spazi originari, funzionalmente flessibile al futuro fruitore e adeguato alle normative vigenti in materia sismica, antincendio e impiantistica ad alto efficientamento, conferendogli un carattere contemporaneo.
Il restauro della facciata principale
di Renata Cristina Mazzantini
Studio Speri
Il restauro ha interessato la facciata principale, su Largo Santa Susanna e i due risvolti laterali sul cortile interno e verso Santa Maria della Vittoria. Considerati il degrado del fabbricato e l’impossibilità di ricondurre la sua costruzione a un preciso intento progettuale, il restauro ha colto l’occasione per restituire unità compositiva ai prospetti, valorizzarne la struttura e armonizzarla con il contesto, di cui l’edificio resta, se pur incidentalmente, involontario protagonista. In questa prospettiva, l’intervento è stato progettato e diretto con l’obiettivo di ricostituire l’immagine storicizzata della facciata, senza trascurare le stratificazioni storiche che negli anni la avevano trasformata.
Le forme di degrado più diffuse sulle superfici intonacate, finite a fondo liscio, erano microfessurazioni, crettature e fenomeni di esfoliazione, oltre al fisiologico deposito superficiale e a minimi casi di distacco localizzati.
L’intervento ha provveduto alla conservazione delle finiture pre-esistenti: dopo opportune operazioni di pre-consolidamento, è stata eseguita una calibrata pulitura, con puntuali interventi di consolidamento e integrazione degli intonaci. Il rivestimento in pietra arenaria della zoccolatura, che presentava il deposito di sostanze estranee al substrato, è stato pulito e finito con una miscela di calce e sabbia volta a ridare ruvidezza alla superficie, trattata con intonachino e polvere di marmo. Gli elementi decorativi da sostituire sono stati ripresi tramite calchi in gesso.
Le superfici sono state trattate con tinte a base di calce e terre naturali, ammorbidite con una leggera velatura, applicata sulle specchiature e sulle ordinanze. Per determinare la scelta delle cromie sono state eseguite le indagini stratigrafiche, che hanno confermato l’ipotesi che in origine la facciata avesse una doppia coloritura, con l’alternanza di superfici grigie, che rendevano un effetto lapideo sulle ordinanze e gli elementi scultorei, e di campiture colore rosso mattone.
Alla luce di questi approfondimenti è stata ripristinata la doppia coloritura grigio-mattone originale della facciata, memore della grande tradizione locale, attenuando le forti tonalità di gusto tardo-ottocentesco, ed è stato valorizzato anche il cordolo-trave in ferro che gira sulla facciata come una moderna punteggiatura decorativa.
Il restauro ha riguardato anche la sostituzione degli infissi, di cui sono stati restaurati solo alcuni significativi campioni. Va rilevato che, nonostante i serramenti in ferrofinestra non fossero quelli originali, si è ritenuto preferibile accettare il processo di lenta ottimizzazione tecnologica subito dall’edificio. I nuovi serramenti in legno e in ferro, pertanto, sono stati realizzati secondo il modello dei pre-esistenti, avendo cura di lasciare inalterati gli spessori e il disegno e apportando qualche miglioria. Le nuove chiusure in ferrofinestra ripropongono l’ombreggiatura della veletta opaca superiore ripristinando la regolarità dell’intelaiatura nella parte centrale, conservando il corretto rapporto con i capitelli delle paraste. Le chiusure in legno ripropongono la decorazione degli architravi, gli angoli stondati e le cornici modanate. Il colore dei nuovi serramenti è uniforme: ruggine Cor-ten® per i profili in ferro e marrone-mogano per i profili in legno.
Progetto preliminare di musealizzazione dell’area archeologica
di Loredana Grandinetti
Studio di Architettura Tamburini
Il sito archeologico, frutto di una lunga campagna di scavi all’inizio dei quali fu rinvenuta la scultura antica detta “Ermafrodito dormiente”, oggi conservata al museo del Louvre, apre il dibattito sulla topografia arcaica del Quirinale grazie al recente rinvenimento d’importanti nuovi elementi di conoscenza. L’area di scavo è limitata all’interno dello spazio costituito dal terrapieno dell’ex Ufficio Geologico, utilizzato come Orto del Convento di Santa Maria della Vittoria fino alla realizzazione del Palazzo e in seguito coperto e “sigillato” dal pavimento del primo piano. Lo scavo ha portato alla luce un impianto residenziale di età arcaica, due piccole fosse votive (VII/VI secolo a.C.), una porzione di tempio tripartito, parallelo a una struttura di contenimento, tutto in blocchi di tufo granulare grigio, cosiddetto “cappellaccio” (inizio V sec a.C.), una serie di angusti cunicoli ipogei realizzati per l’estrazione della pozzolana (di età imperiale), una serie di ambienti del XVI e XVII secolo. La stratificazione dei reperti rappresenta la generatrice delle linee guida del moderno progetto. Metodologie e tecniche d’intervento all’interno d’un simile sito sono difficilmente catalogabili; la complessità progettuale è principalmente il frutto di un’accurata analisi dei manufatti presenti. Il progetto affianca e connette funzioni e servizi compatibili con l’eccezionalità dei luoghi, mettendo in risalto le strutture antiche tramite la musealizzazione dei reperti, e inserendo una sala per conferenze, ambiente capace di dare una nuova identità al complesso; la trama del tempio detta le condizioni di allineamento delle pareti vetrate della sala e del percorso museale, evidenziandone l’equilibrio fortemente dinamico.
Lo spazio museale restituisce al visitatore la natura dei luoghi tramite immagini di ricostruzione attenta che ridanno dignità al rudere: le strutture espositive per i reperti mobili più significativi tra quelli rinvenuti nel corso dello scavo, e i pannelli con la ricostruzione ipotetica del complesso, a riprova delle finalità scientifiche storiche e antropologiche del lavoro svolto, saranno sospesi sulle pareti. Lo spazio sarà inoltre caratterizzato da una controsoffittatura che segna il passo della struttura moderna fino a incastrarsi e reggere la sala sospesa, la cui leggerezza è evidenziata da una pavimentazione interna continua in cui risaltano gli ambienti del secolo XVI, denunciati dal cristallo. L’accesso avverrà dal piano di ingresso dell’edificio, a una quota inferiore; le scale segneranno il passaggio a una dimensione articolata che permetterà di identificare unitariamente il nuovo complesso, ivi compresa la sala.
L’ambito archeologico risulterà evidente anche dagli uffici posti al primo piano dell’edificio grazie all’inserimento di cristalli pavimentali, che consentiranno di vedere la cresta dei muri sottostanti e coglierne la rotazione e la monumentalità. La sala/foyer d’ingresso è, infine, il luogo deputato a contenere parte delle collezioni del Museo Geologico, per la necessità della protezione e salvaguardia di tutte le fasi storiche di vita dell’edificio.
Immagini fornite da CDP Immobiliare e Studio di Architettura Tamburini