METROPOLITANE TRA LE NUVOLE

Le funivie urbane e il trasporto collettivo del terzo millennio

di Andrea Spinosa
Urbanista, responsabile tecnico della rivista digitale Cityrailways.net

Di funivie urbane, in Italia, si è fatto un gran parlare in occasione delle ultime elezioni per la nuova giunta della città di Roma. Un dibattito che segue un crescente interesse per questo tipo di trasporto come risposta alternativa ai sistemi di trasporto collettivo in sede propria (TCSP) di terra. 

Le infrastrutture di trasporto come risposta all’inefficienza urbana
È largamente studiato l’effetto delle infrastrutture di trasporto sugli usi del suolo, criteri localizzativi delle attività e flussi di traffico. Esse esercitano un influsso sugli sviluppi locali che tende a disporsi su piani diversi e spesso dialettici. In tal senso, le reti di trasporto possono modificare le relazioni gerarchiche nel territorio: l’agglomerazione di centri urbani di taglio diverso, ambiti rurali, aree d’insediamento e di ricreazione, come pure l’interrelazione tra città e il collegamento con altri distretti e regioni. 

In sintesi, più che rispondere in maniera statica a un bisogno, li influenzano in maniera attiva e dinamica, perché le infrastrutture di trasporto agiscono prima di tutto sulla percezione di lontananza e isolamento. Un luogo può sfuggire alla percezione di inaccessibilità grazie alla presenza di un treno, un tram oppure una funicolare. Più il trasporto è inclusivo, “collettivo” nel senso più ampio del termine, più accessibile risulta il luogo che ne è servito. La declinazione più importante per l’accessibilità è di essere “per tutti”, vale a dire permettere di abilitare una “disabilità”. Ma è sempre la possibilità di spostarsi ad abilitare: dalle diverse abilità alla “diversabilità”. Così le tre declinazioni di accessibilità (geografica, ergonomica e sociale) trovano un maturo connubio. Non sempre, tuttavia, è possibile abbracciare un approccio compiutamente “olistico” in piani, programmi e progetti di sistemi di trasporto mettendo l’accessibilità a servizio dell’intera comunità civica.

Un luogo inaccessibile sarà sempre lontano e remoto, viceversa un luogo accessibile sarà sempre in grado di cogliere le opportunità di un mondo in rapida trasformazione. In un’epoca in cui l’efficienza è misurata dal grado di connessione tra i luoghi, la vera declinazione dell’essere smart è tutta nella capacità di garantire la massima accessibilità (non inclusione pura, che resta talvolta un’utopia) a un territorio.

Questa esigenza contemporanea si innesta su un percorso storico che non ha riconosciuto all’accessibilità lo stesso valore di oggi. La “questione urbana”, secondo la formulazione di Manuel Castells, che si palesa a Roma con l’espansione a macchia d’olio degli anni Settanta del Novecento, dagli anni Novanta apre la strada a una seconda fase di urbanizzazione diffusa. Se nella precedente il centro storico viene solo indebolito dall’emergere delle reti, in questa seconda fase lo spazio esterno alla città si isotropizza. Le nuove tecnologie di comunicazione rendono infatti le persone sempre meno dipendenti dalle funzioni assolte dal nucleo storico della città. Ma lo sviluppo isotropo ha due effetti altamente destrutturanti: rarefazione della densità territoriale e indebolimento delle funzioni urbane. Tutti fenomeni oggi amplificati a una scala globale. Il fattore che più di ogni altro ha avuto un ruolo prioritario nell’evoluzione in questa direzione è stata la maggiore competitività della mobilità privata, accompagnata dal laissez faire quando - per una congerie di interessi - non deliberatamente favorita. 

La sfida che si pone oggi è quella di rileggere i flussi territoriali per individuare una rete di trasporto rapido di ampio raggio che mitighi le inefficienze e le diseconomie del costruire reti complesse senza negare la specifica conformazione dilatata della dispersione e che riorganizzi ciò che esiste ma sia capace di evolvere nel tempo. Questo impone di rivedere la filosofia con cui si concepiscono le reti di trasporto, ovvero di proporre un approccio che ripensi la relazione tra città consolidata e periferie, tra urbano e suburbano e che si apra ai mutamenti del territorio tenendo in conto le specificità locali. 

Si tratta di aprire a un effettivo cambiamento strategico della città nel suo complesso, una visione olistica sulle funzioni urbane e sul futuro che manca da troppi anni. Facendo collaborare le componenti dell’intero sistema (città consolidata, periferia, sprawl, territorio), sarebbe possibile dare risposte convincenti ai problemi di congestione e gentrificazione della città consolidata restituendo peso e carattere alle diverse parti del sistema controllando il disordine della loro crescita e identificando una gerarchizzazione anisotropa che coaguli l’indifferenziato in una rete di centri metropolitani che cooperino a ridurre gli spostamenti di lungo raggio e aumentino l’efficienza e la produttività territoriale.

L’esperienza sudamericana
Una funivia è un mezzo di trasporto in cui delle cabine risultano sospese a una fune e vengono trainate da un’altra fune. Si tratta di impianti nati per la capacità di superare dislivelli anche notevoli, che stanno trovando interessanti applicazioni come mezzo di sorvolo di aree urbane complesse.

Caracas, la capitale venezuelana, ha offerto il primo esempio (Monte Avila) di come sistemi che usualmente vengono adoperati in contesti montani possano trovare una valida applicazione in ambito urbano. Inaugurato nel 1999, l’impianto - che misura 1,8 km e trasporta circa 35.000 passeggeri per giorno feriale - ha avuto un costo di circa 297 milioni di Euro (valore 2015): di questi appena 20,3 milioni sono stati destinati all’infrastruttura in sé, mentre la parte restante ha riguardato costi di esproprio, opere accessorie e compensative. Il Metrocable nasce infatti per restituire accessibilità al barrio di Monte Avila e appartenenza ai suoi abitanti attraverso una ritrovata inclusione sociale. 

Medellin è la seconda città della Colombia, un’area urbana di 4,6 milioni di abitanti. Le metropoli sono fatte di vaste periferie e talvolta questi luoghi possono subire severe condizioni di isolamento. Accade quando la metropoli si sviluppa all’interno di una stretta valle interna della Cordigliera delle Ande a 500 km dalla costa del Pacifico. In condizioni orografiche estremamente complesse e articolate, è la segregazione sociale a determinare la distribuzione delle classi sociali nella costellazione metropolitana. A Medellin l’essere lontani in senso orizzontale comporta anche esserlo in senso verticale. È sui ripidi crinali che fanno da quinta alla valle del Cauca che si dispongono i barrios dei più poveri. Tutte le grandi infrastrutture, l’autovia urbana e, dalla fine degli anni Novanta, la linea metropolitana si dispongono nel fondovalle.

Aumentare la produttività della metropolitana significa aumentare la copertura territoriale del servizio. È con questo obiettivo che l’Amministrazione di Medellin sceglie di realizzare una serie di teleferiche che possano fungere da collettori trasversali, afferenti alla dorsale della linea metropolitana. Si realizzano 3 linee (J, K, L) per uno sviluppo complessivo di 9.107 metri: dall’apertura al traffico nel 2004 il successo è immediato, con 30.000 passeggeri trasportati quotidianamente. Gli spostamenti dai barrios delle montagne si sono moltiplicati e con essi le opportunità: secondo l’Amministrazione, a dieci anni dall’apertura degli impianti c’è stato un aumento del 15% del tasso di occupazione locale e una crescita del 22% delle attività artigianali.

Il successo di Medellin è contagioso: in Bolivia, a La Paz, il 30 maggio 2014 viene inaugurato il primo sistema di cabinovia con funzione di metropolitana vera e propria. Nuestra Señora de La Paz - Chuqiyapu per le popolazioni di origine inca, quechua e aymora - si dispone tra 3.250 e 4.100 metri d’altezza. Con la gemella El Alto forma un’area urbana di 1,76 milioni di abitanti. A questa altezza il mondo si rovescia: a 4.000 metri l’ossigeno scarseggia anche per chi è abituato a vivere in alta montagna. Così i bassi fondi diventano gli “alti” fondi: la città dispone i quartieri poveri verso l’alto. El Alto, che si sviluppa tra i 3.900 ed i 4.200 metri (media 4.080), ha una popolazione composta per il 74% da aymara e l’8% da quechua. I Paceño, gli eredi delle ricche popolazioni spagnole, vivono tutti al di sotto dei 3.500 metri. 

Il servizio pubblico di La Paz ed El Alto è affidato ai bus. Le linee espresse, chiamati Pumakatari, trasportano circa 7 milioni di passeggeri all’anno (circa 22.000 per giorno feriale) ma la gran parte degli spostamenti avviene con pulmini privati ed è per questo che dal 1992 si studia per realizzare un sistema di metropolitane. Una morfologia così acclive mette fuori campo tutte le alternative classiche. Alla fine la scelta cade proprio sul Metrocable di Caracas e Medellin. Mi Teleferico viene inaugurato il 30 maggio 2014:

- 10.377 m per tre linee (Roja, 2.664 m; Amarilla, 3.884 m; Verde, 3.830 m);

- 11 stazioni, 74 torri e 30.100 metri quadri di spazi pubblici;

- 427 cabine da 10 passeggeri l’una per una capacità di 6.000 passeggeri/h per senso di marcia;

- 17 ore di servizio continuato (5:00-22:00) con una cabina ogni 12 secondi;

- 53.600 sono i passeggeri giornalieri (giorno feriale).

L’investimento è di 210 milioni (20,2 M?/km) di cui: 63,6 milioni per opere civili (6,1 M?/km); 101,8 milioni per il sistema elettromeccanico (9,8 M?/km); 5,2 milioni per equipaggiamento complementare; 10,9 milioni per opere urbanistiche; 22,5 milioni per controllo, oneri, espropri e compensazioni. I tempi di viaggio sono: 10 minuti sulla linea rossa; 16,5 minuti sia per la linea gialla sia per quella verde.

Il servizio è un successo e il Governo alla fine di dicembre 2014 approva la fase II. La legge 261/2015 stanzia per altre 5 linee (20,4 km in totale) un investimento di 390 milioni di Euro.

L’esperienza europea
Gli impianti di Caracas, Medellin e poi La Paz sono sistemi MGD (Monocable Gondola Detachable): impianto a monofune - di sospensione e traente - in cui le cabine possono sganciarsi una volta arrivate in stazione. La tecnica dell’ammorsamento automatico permette l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri con grande comfort e sicurezza a velocità ridottissima nelle stazioni, che in marcia raggiunge i 6,0 m/s. In questo modo, a seconda della capienza della cabina, si raggiunge una portata di 3.600 persone/ora.

Negli Stati Uniti, accanto allo storico Roosevelt Island Tramway che unisce l’Upper East Side di Manhattan all’isola Roosevelt dal 2006 si è affiancato l’impianto di Portland (Oregon). Sono aerotram, due impianti completamente differenti da quelli sudamericani: prevedono uno o due veicoli composti da carrello, sospensione e cabina che fanno un servizio a “va e vieni” fra le stazioni. I veicoli vengono movimentati da una fune traente su una o due funi portanti. Le cabine possono essere scelte a seconda delle esigenze con capacità compresa fra 20 e 200 persone e viaggiano a velocità più elevate delle cabine MGD (fino a 12 m/s). 

Nel 2007 con la teleferica del Parc de Montjuïc di Barcellona, le funivie urbane moderne arrivano anche in Europa. 

Il 4 luglio 2010 la Transport for London (TfL) annuncia la volontà di costruire una cabinovia sopra il Tamigi. Il primo progetto fu presentato dalla Municipalità di Newham: installazione di una cabinovia di 1.100 metri dalla penisola di North Woolwich ai moli di Royal Victoria ad un’altezza minima di 54 metri. Il progetto prevedeva anche la costruzione di tre torri e di due stazioni dotate di diverse attività ludiche. TfL, che annunciò che la teleferica sarebbe stata realizzata tramite investimenti privati, calcolò un costo di 25 milioni di sterline. La spesa aumentò dapprima a 45 e poi a 60 milioni di sterline tra spese accessorie, oneri legali ed espropri. È nell’ottobre del 2011 che entra in gioco la compagnia aerea Emirates sottoscrivendo un contratto che stabilì la partecipazione al finanziamento con una quota di 36 milioni di sterline per ottenere il branding per 10 anni. Mace Group Ltd realizza l’impianto per 45 milioni di sterline in poco meno di 5 anni di lavori (in tempo per l’apertura dei Giochi della XXX Olimpiade) con il compito di gestirla fino al 2016 con un ulteriore costo di cinque milioni di sterline e mezzo. I numeri della linea non sono esaltanti: troppo costosa e poco utile per i pendolari, troppo economica per un servizio turistico, la Emirates line trasporta meno di 5.000 persone al giorno (1,5 milioni di passeggeri all’anno) a fronte di una capacità di 2.500 passeggeri/ora.

A Coblenza la funivia torna ad una valenza prevalentemente turistica: l’impianto alla confluenza di Reno e Mosella è realizzato a scopo dimostrativo da Doppelmayr-Garaventa per l’Esposizione Vivaistica Mondiale del 2011. Unisce il lungoreno e la Basilica Kastorkirche con la collina della Fortezza. Destino analogo per l’ultima arrivata, la funivia di Berlino: impianto dimostrativo realizzato stavolta dalla Leitner AG per unire la stazione Neue Grottkauer Straße della linea U5 alla collina di Kienberg, che ospiterà la Fiera Mondiale del Giardinaggio del 2017 (IGA). 

Ma il fermento intorno agli impianti a fune riguarda l’immediato futuro. Quattro impianti sono allo studio in Svizzera: Sion (Gare - Piste de l’Ours); Fribourg (Gare - sortie autoroutière); Morges (Gare - Tolochenaz) e Ginevra (Plan-les-Ouates - Aéroport de Coitrin). Dopo l’apertura dell’aerotram sul porto di Brest (19 novembre 2016) tre impianti sono allo studio in Francia: Grenoble (Sassenage), Tolosa (policlinico di Rangueil) e soprattutto Parigi. 

Il Câble A-Téléval è il nome dato alla linea Créteil - Villeneuve-Saint-Georges via Limeil-Brévannes ed è il primo progetto funiviario lanciato nella città metropolitana di Parigi. La concertazione pubblica si è svolta tra il 26 settembre e il 28 ottobre 2016. Cinque fermate per 4.500 metri di sviluppo dal capolinea della linea 8 della metropolitana di Créteil Pointe-du-Lac al quartiere di Villeneuve-Saint-Georges con 3 fermate intermedie. Créteil (89.240 abitanti) è un comune autonomo del sudest della regione parigina recentemente inglobato nella nuova entità amministrativa della “Métropole du Grand Paris”: formalmente tra le più problematiche banlieue della capitale francese. Per questo il progetto della nuova funivia è solo l’ossatura di un carnet di interventi ad ampio spettro che, aumentando accessibilità e qualità dei territori, hanno come obiettivo il riscatto sociale e la ridinamizzazione urbana di tutto il nuovo municipio “Grand Paris Sud Est Avenir” (306.760 abitanti; 99,8 km2). 

Opportunità, criticità e prospettive di sviluppo
In questa breve panoramica si è parlato di sistemi di successo, cattedrali nel deserto e sistemi promozionali. Come qualsiasi altra tecnologia di trasporto, anche gli impianti funiviari - teleferiche o cabinovie che siano - possono essere efficaci o no. E quindi risultare più o meno sostenibili. Dal punto di vista energetico e quindi di impatto ambientale, si tratta della tecnologia di trasporto più sostenibile tra quelle oggi disponibili.

Se gli impianti dimostrativi come Coblenza o Berlino, oppure quelli rurali o inseriti in aree turistiche aperte hanno un costo di realizzazione relativamente contenuto (10-12.000 Euro al metro) quelli inseriti in aree edificate hanno costi maggiori: espropri, diritti di sorvolo, servitù ma anche opere accessorie per garantire un’adeguata accessibilità alle stazioni. Il sorvolo stabile di edifici va monetizzato (maggiorazione del rischio) come si fa con le antenne dei ripetitori montate sulle coperture condominiali: per questo, ad esempio, il cable A di Parigi costeggia per il 70% del tracciato una linea ferroviaria. E mentre i tram passano prevalentemente al centro di strade pubbliche per le funivie è necessario anticipare, già a livello di fattibilità, una valutazione degli espropri per colonne di sostegno e stazioni, trattandosi di una voce rilevante della spesa totale.

Spesso altrettanto sottovalutati sono i costi di esercizio per posto-km offerto: se questi sono bassi se paragonati ad altri sistemi a impianto fisso non lo sono le manutenzioni. In genere si cerca di concentrare tutte le attività di controllo e sostituzione dei pezzi usurati nel periodo estivo, con sospensione del servizio per circa 20-30 giorni l’anno a seconda delle dimensioni dell’impianto. 

Accade sovente che per le teleferiche, al di sotto dei 2.500 passeggeri per km di linea per giorno feriale, le tariffe tendano a essere maggiorate rispetto al costo di una corsa urbana ordinaria. È il caso degli aerotram come il Roosevelt Island di New York e Portland: qui il costo medio di gestione, complice il basso grado di utilizzo delle cabine (da 78 passeggeri più operatore), è arrivato a 25 euro per vettura km (il costo standard di un bus è di circa 3,50 euro per vettura-km). Per contro il sistema teleferico di La Paz ha un costo lordo di esercizio e manutenzione ordinaria di 0,25 euro per cabina km (10 posti circa).

A scopo di riferimento può essere utile la costruzione di un benchmark del costo degli impianti funiviari in esercizio.

Il costo locale è trasporto al costo base Italia - rivalutato al 2016 (espresso in Euro) sulla base del rapporto tra il costo di materie prime, energia e manodopera. Dal totale di ciascun impianto è stato sottratto un costo forfettario di 2,5 milioni di Euro per ogni stazione intermedia e un costo di 3.500 Euro per posto-cabina per il numero delle cabine in servizio nel sistema. Il costo medio di realizzazione è rappresentato nella tabella sottostante: in media circa 23.000 Euro per metro di sviluppo dell’impianto. Nettamente più costosi gli impianti tipo aerotram: in media circa 45.000 Euro per metro di sviluppo.

Per confronto può essere utile calcolare il costo medio (al netto dell’acquisto dei veicoli necessari al servizio) di una linea tranviaria a doppio binario. 

Come per qualsiasi altra scelta tecnologica in tema di trasporto collettivo in sede propria anche per le funivie urbane è necessario adottare un approccio olistico: non esiste “la” soluzione ma “una” soluzione imprescindibile dal contesto in cui la si realizza. Perché anche la scelta più efficiente può creare delle diseconomie se adottata in maniera non efficace. 

A Roma la risoluzione del problema della deficienza infrastrutturale vede il sovrapporsi di strategie per la costruzione di infrastrutture di trasporto urbano nel corso del tempo, esattamente in coincidenza con l’emergere e affermarsi del processo di sprawl (Piano metropolitane del 1986, Cura del ferro, Piano Regolatore del 2008), soffre oggi di una serie di distorsioni e anacronismi. 
Per un organismo urbano così complesso ancora affetto da una esigua dotazione infrastrutturale questo significa: favorire lo sviluppo incrementale di una rete isotropa che crei opportunità per la città nel suo complesso.

Una delle proprietà forse meno evidenti di una rete di TCSP è quella di aumentare la resilienza di un’area urbana. In termini strategici la resilienza descrive la sostenibilità dei processi fisiologici urbani: una città con un buon grado di resilienza riesce a svolgere i propri processi metabolici in termini tali da non farli dipendere completamente da flussi economici esterni. Una rete di TCSP mediamente sviluppata garantisce una ripartizione modale equilibrata: persone e merci possono viaggiare su vettori collettivi e non solo su mezzi privati. Al contempo una rete di TCSP sostiene lo sviluppo urbano inducendo la densificazione degli spazi e quindi un migliore utilizzo dei suoli.

Progettazione urbana gestione della mobilità ottimizzazione delle risorse pubbliche

Il ciclo si chiude con una maggiore disponibilità di risorse per la realizzazione di nuovi progetti di miglioramento urbano.