Sette casi di infill architettonico tra Italia ed Europa
L’intervento sulla città contemporanea si confronta oggi con una duplice problematica: da una parte la necessità di limitare il consumo di risorse sia fisiche, in termini di suolo, sia economiche, in un periodo di crisi prolungata; dall’altra, l’urgenza di recuperare e rigenerare ampie parti di città ereditate dal passato.
La concomitanza di queste criticità incoraggia l’emergere di nuove opportunità e strategie di azione: la densificazione e la riqualificazione di alcune aree della città esistente permettono una crescita urbana senza il consumo di nuovo suolo, piccoli interventi diffusi e mirati possono risultare più efficaci di ampi e ingenti programmi di sviluppo urbano.
Una pluralità di interventi localizzati e diffusi di agopuntura urbana, recupero, riuso o sostituzione dei brani di città fatiscenti sono in grado di attivare un processo di rigenerazione e rivalorizzazione del tessuto urbano circostante.
La riqualificazione di uno spazio pubblico, la sostituzione di un edificio obsoleto, il recupero e il riuso di parti del patrimonio esistente delineano un processo senza fine e in continua evoluzione della costruzione della città, capaci di rispondere in maniera più duttile e flessibile rispetto al piano urbanistico ai mutevoli bisogni della società contemporanea. La ricerca di piccoli interventi architettonici, inseriti all’interno del tessuto compatto della città esistente e capaci di innescare processi di sviluppo più ampi, è diventata la lente attraverso la quale osservare la città europea e italiana contemporanea. Casa tra gli alberi di Studioata a Torino, Atelier Fleuriste di ElasticoSpa a Chieri, le due case a Orsara di Raimondo Guidacci, Casa CP di Alventosa Morell Arquitectes a Barcellona, Guru Bar di Klab Architecture ad Atene, Little Willy di Low Architecten a Bruxelles e Second Home di SelgasCano a Londra disegnano una rete immaginaria che mette in relazione le città europee nelle loro principali tendenze di trasformazione urbana.
I contesti di Torino, Barcellona, Atene, Bruxelles e Londra in cui sorgono i progetti scelti sono accomunati da una storia simile: sono quartieri che sono stati al centro dei principali flussi migratori, oppure legati all’industria e alla residenza operaia e che, negli ultimi decenni, hanno vissuto un processo di gentrification che ne ha profondamente cambiato le caratteristiche economiche, sociali e fisiche. Le opere realizzate, insieme a una pluralità di azioni minime e diffuse per i quartieri, hanno contribuito con la loro qualità architettonica a innescare o a convalidare un processo di rinnovamento urbano più ampio.
Si distinguono da questo scenario le architetture di Chieri e Orsara di Puglia, due piccoli centri del Piemonte e della Puglia: in questi casi, l’innovazione e la qualità architettonica aprono prospettive contemporanee di intervento alternative a quelle imposte dai regolamenti comunali e dai vincoli delle Soprintendenze.
Gli esempi selezionati rappresentano differenti tipi di trasformazione: Casa CP Barcellona e le due case a Orsara, incastrate all’interno del tessuto compatto e denso della città, sostituiscono integralmente gli edifici preesistenti; Casa tra gli alberi a Torino, Second Home a Londra e Guru Bar ad Atene rappresentano casi di recupero architettonico e di riuso; nei progetti di Atelier Fleuriste a Chieri e Little Willy a Bruxelles, il recupero dell’esistente viene affiancato da nuove addizioni in grado di ridefinire l’identità dell’edificio originario.
La trasformazione delle parti di città in cui i progetti si inseriscono riguarda non soltanto gli aspetti fisici e sociali, ma anche gli usi e le pratiche che tentano di dare risposte a nuovi bisogni che la città manifesta in merito agli spazi abitativi, lavorativi e ricreativi.
Le residenze di Torino, Orsara e Barcellona esprimono con le loro soluzioni distributive un ripensamento dei modi tradizionali dell’abitare; nei casi di Atene, Bruxelles e Chieri, la compresenza di differenti usi diventa l’occasione per ripensare, riadattandoli, i modelli insediativi tradizionali. A Londra, condizioni di lavoro più flessibili e meno strutturate plasmano gli spazi di un vecchio edificio industriale.
A dispetto delle dimensioni minime degli interventi, la qualità architettonica e l’innovazione programmatica delle architetture dilatano il loro effetto a un territorio molto più vasto, risignificando e rivalorizzando intere parti di città con iniezioni puntuali.
Studioata, Casa tra gli alberi, 2012, Torino
Casa tra gli alberi sorge nel quartiere torinese di San Salvario, interessato negli ultimi anni da un processo di gentrification dopo essere stato centro dei principali flussi di immigrazione dal secondo dopoguerra.
Un basso fabbricato industriale all’interno di un isolato ottocentesco viene trasformato da Studioata in uno spazio residenziale capace di rispondere in maniera innovativa alle esigenze dell’abitare contemporaneo.
Nel demolire le parti incongrue dell’edificio originario, il nuovo volume si organizza intorno a tre vuoti, il cortile, il patio e il terrazzo sul tetto, che assicurano una continua permeabilità tra interno ed esterno. Il cortile, chiuso dalle proprietà che saturano l’interno dell’isolato, viene concepito come un’oasi alberata attorno alla quale gli spazi della casa si distribuiscono e il tetto-terrazzo si affaccia. Il patio, come una camera a cielo aperto, è collegato da ampie vetrate alla zona giorno.
Vista dall’alto, tutta la superficie del lotto è concepita come un giardino, a beneficio non solo dei suoi proprietari, ma dell’intero isolato.
Elasticospa, Atelier Fleuriste, 2008, Chieri
La presenza dell’Atelier Fleuriste tra le palazzine anni Sessanta di una cittadina della provincia torinese risulta essere insolita e inaspettata. La cortina edilizia delle basse case ottocentesche si interrompe per lasciare posto a una serra vetrata su cui scorre un velo d’acqua. Il progetto di ElasticoSpa, nel rispetto dei volumi e dei profili circostanti, introduce soluzioni tecnologiche inconsuete per rispondere alle esigenze del programma: uno spazio multifunzionale per vendere fiori, oggetti d’arredo e rappresentare un richiamo per l’attività stessa.
All’interno del lotto si sviluppa il volume della residenza, non vincolata da nessuna preesistenza e libera di articolarsi secondo forme curve e geometrie aggettanti.
Il duplice intervento, su strada e all’interno del lotto, è riuscito a infondere qualità urbana a una strada di transito, ad attivare un processo di rigenerazione più esteso e ad aprire nuove prospettive anche in un contesto più provinciale e legato alla tradizione.
Raimondo Guidacci, Due case, 2004, Orsara di Puglia
Orsara di Puglia è un piccolo centro sulle colline della provincia di Foggia: un borgo dal tessuto compatto e uniforme composto dai piccoli tasselli delle abitazioni distribuite su due livelli.
Disposte su un lungo lotto a chiudere il duplice affaccio lungo le strade del paese, le due case progettate da Raimondo Guidacci si affiancano alle altre sostituendo la preesistenza con un linguaggio astratto e minimale. Le figure geometriche elementari del prospetto e gli allineamenti in pianta e in alzato ricostruiscono armoniosamente l’immagine storica dei luoghi, pur evitando ogni riferimento vernacolare o revivalistico.
Qui come a Chieri, l’architettura contemporanea introduce elementi di qualità, destabilizza una monotonia acquietante.
Alventosa Morell Arquitectes, Casa CP, 2013, Barcellona
All’estremità settentrionale di Barcellona, le palazzine del quartiere Nou Barris testimoniano una crescita impetuosa negli anni Cinquanta e Sessanta, con la densità e la deroga alle regole che ne derivano. Le alterne fasi dei flussi di persone in arrivo o in partenza dalla metropoli catalana ne hanno fatto una parte di città popolare e multietnica.
Casa CP di Alventosa Morell Arquitectes sorge al centro di Nou Barris, incastrata tra due edifici esistenti, su un lotto poco illuminato e affacciato su una strada trafficata e rumorosa.
La nuova architettura prende forma dai vincoli imposti dalla città esistente: il fronte strada, su cui si affaccia la zona notte, è compatto e chiuso per proteggere dalla vista dei passanti e dal rumore della strada; verso l’interno del lotto, la zona giorno prende luce attraverso una facciata quasi completamente vetrata e dal pozzo di luce delle scale che attraversano verticalmente l’edificio.
Come nel caso di Torino, la qualità architettonica di un singolo edificio diventa espressione di un rinnovamento atteso.
Klab Architecture, Guru Bar, 2007, Atene
Guru Bar è stato uno dei primi locali ad aprire nel quartiere Psyri, nel cuore di Atene, in un momento in cui l’area cominciava a trasformarsi in un vivace centro culturale. La rinascita del distretto attraverso l’apertura di ristoranti, bar, club, sostenuta fortemente dall’Amministrazione, avrebbe dovuto essere un modello di riqualificazione per altre parti di città.
La commessa iniziale di aggiungere un piano all’edificio esistente e di allestire il nuovo jazz club è stata l’occasione per ripensare la facciata e l’immagine urbana del piccolo edificio. Una pelle in acciaio arrugginito avvolge completamente l’affaccio pubblico, trasformando il locale in un vero e proprio bunker di giorno, quando le aperture sono oscurate, e in un rifugio illuminato durante la notte, quando i sistemi di oscuramento sono aperti.
Nonostante l’intento di riqualificazione dell’area sia in parte fallito, il Guru Bar è rimasto come avamposto ed esempio di qualità e cultura.
Low Architecten, Little Willy, 2013, Bruxelles
La rigenerazione di una parte di città avviene sia attraverso il recupero fisico del suo patrimonio, sia attraverso la risposta ai nuovi bisogni della popolazione o ad esigenze indotte dal progetto stesso.
Nell’intervento di Little Willy di Low Architecten a Bruxelles, la giustapposizione di un nuovo bizzarro volume a un edificio storico del quartiere Dansaert, evoca un significato meno evidente: dal passato emerge una nuova identità che, per quanto dirompente e spiazzante, riesce a inserirsi tra le trame stratificate della città.
Allo stesso modo, alle residenze e ai negozi del quartiere, si aggiungono le molteplici attività del programma di Little Willy: un bed & breakfast, un negozio, un ristorante, un attico che arricchiscono e complessificano i flussi di persone di un’area in rinnovamento.
SelgasCano, Second Home, 2014, Londra
La flessibilità e l’adattabilità delle professioni contemporanee inducono a un ripensamento anche degli spazi lavorativi: con un computer, un tablet o uno smartphone è possibile lavorare da casa come altrove, la precarietà non sempre permette di sostenere investimenti ingenti, la rete di relazioni diventa elemento fondamentale per future possibilità lavorative e collaborazioni.
È così che Second Home di SelgasCano a Shoreditch, nella parte nord orientale di Londra, ridefinisce lo spazio lavorativo contemporaneo: quella che fu una fabbrica di tappeti viene trasformata in un incubatore di attività e spazio co-working con un ristorante, un auditorium e 2.200 mq di aree in locazione a breve termine e a tariffe accessibili, permettendo un ricambio di attività e professionisti.
Nella struttura rigida e regolare delle fabbrica si inseriscono volumi irregolari dai molteplici colori e materiali: uno spazio del lavoro che si trasforma mantenendo la propria identità.
Dai pochi esempi selezionati emerge chiaramente come il modello della città storica europea sia ancora oggi in grado di accogliere molteplici usi che, senza negare la sua identità, la rafforzano e la valorizzano.