Transforming Apartments, per trasformare la nostra città dall’interno

di Susanna Clemente
* Call Tematica

Una casa che risponda istantaneamente ai nostri desideri, spazi mutevoli, pareti scorrevoli che creino e ricreino la disposizione più adatta e conveniente, arredi riconfigurabili, controllo, risparmio energetico e delle risorse sono solo alcune delle voci che descrivono i transforming apartments. Letteralmente gli appartamenti che si trasformano, sintetizzano le maggiori innovazioni meccaniche e tecnologiche, divenendo a tutti gli effetti responsivi, anche grazie a opportune interfacce.
I modi dell’abitare sono mutati nei secoli più o meno rapidamente al variare delle esigenze, semplici o complesse che fossero, ma l’accelerazione ultima cui assistiamo è tale da generare nuovi interrogativi e conseguenti risposte. A che velocità cambiano i nostri bisogni? E se queste variazioni avvenissero anche nell’arco di una sola giornata o perfino nel giro di poche ore o minuti? Può lo spazio casa farvi fronte? E se sì, in che modo?


I transforming apartments nascono da alcune semplici osservazioni condotte sul reale utilizzo che si fa dell’alloggio tradizionale. Di fatto è possibile svolgere in esso più funzioni contemporaneamente in virtù della compresenza di spazi diversi con diversa destinazione. Eppure l’aumento delle famiglie unipersonali da un lato (è un +41,3 % il dato registrato dall’ISTAT nell’ultimo decennio) e la riduzione del tempo trascorso in casa dall’altro, riportano immediatamente l’attenzione su quelle zone più o meno estese dell’abitazione che, di fatto, rimangono inutilizzate. 
I transforming apartments concentrano in un unico spazio il maggior numero possibile di funzioni, che siano da svolgersi contemporaneamente o meno. Una camera da letto può trasformarsi facilmente in uno studio o in una zona giorno, una cucina diventare un piano di lavoro, e così via. I transforming apartments si modificano non solo al variare delle esigenze e delle condizioni interne, ma anche di quelle esterne, indipendenti dagli occupanti, riducendo i consumi. Il tutto all’insegna di un’estrema flessibilità meccanica (ottenuta per scorrimenti, rotazioni, scomparse, ecc.) e tecnologica (domotica, centri di controllo, periferiche di sistema, ecc.).  Fin qui niente di nuovo. Eppure la diffusione a livello mondiale, sempre più capillare e ragionata del fenomeno invita a un suo studio e a una sua sistematizzazione nonché all’approfondimento dei nuovi scenari che potrebbero verificarsi di qui a poco nelle nostre città.  Il transforming può essere considerato un tassello della ricerca sulla cellula abitativa condotta dal movimento moderno in poi, un’evoluzione del concetto di Existenzminimum. Non si guarda più a ciò che è necessario e sufficiente di per sé, ma si indaga su quali siano i requisiti minimi di uno spazio affinché possa soddisfare quante più esigenze possibili. Gli studi di Le Corbusier sull’alloggio transitorio tornano oggi attuali. Così come le esperienze di Fuller, Archigram e quelle metaboliste degli anni ’60 e ’70, basti pensare alla Nakagin Capsule Tower di Kisho Kurokawa, dove, a detta dello stesso autore nel volume Metabolism in Architecture, «la capsula esprime l’individualità dell’uomo, la sua sfida all’organizzazione e la sua rivolta». Un’architettura a oggi in abbandono, salvata in extremis dalla demolizione, e che tuttavia attira ancora turisti, visitatori e architetti. Ci si interroga sulle possibilità di riconfigurazione che la struttura offre, sulla sostituibilità delle capsule, come proposto dallo stesso Kurokawa, per salvare alcune buone intuizioni. 

Renzo Piano lavora da più di un decennio al modello Diogene. Apparso per la prima volta nel 2009 su Abitare, è stato poi realizzato nel 2013 grazie alla partnership con Vitra. Un progetto minimo ed estremamente complesso al tempo stesso, che gioca proprio sulla riconfigurabilità e sull’integrazione di sistemi che ne garantiscono l’autosufficienza e la trasportabilità quali: pannelli solari, serbatoio per il recupero dell’acqua piovana, infissi tecnologicamente avanzati. Il progetto è stato inoltre studiato per la produzione su scala industriale. 

Un’idea nata a partire da obiettivi simili e per certi versi ancora più estrema è stata proposta dalla University of Karlsruhe: Roll it è un modulo girevole su se stesso, che riproduce in funzione dell’orientamento distinti ambienti dedicati allo studio e/o al lavoro, alla cucina, all’esercizio e al riposo. La struttura è costituita da un guscio esterno, a sua volta composto da quattro anelli e da uno, interno, torsionalmente rigido. Una membrana traslucida avvolge l’intero oggetto funzionando come spazio pubblicitario.

Ulteriori e recentissime ricerche condotte dalla Delft University of Technology hanno portato al lancio del Pop-up interactive apartment. Questo può essere realizzato invece in qualunque tipo di appartamento esistente, riducendo incredibilmente i costi di costruzione. Il sistema è interamente costituito di pannelli e componenti d’arredo pieghevoli in polipropilene che possono essere facilmente installati e trasferiti durante la giornata. Ciascun pezzo è fatto per piegarsi, scorrere e/o scomparire all’interno di una parete esistente. 

Questi, come numerosissimi altri esempi eleggibili a casi di studio, denotano alcuni indirizzi tipici. L’estrema razionalizzazione degli spazi è studiata con soluzioni specifiche, facendo ricorso il più possibile a elementi modulari. L’attenzione, la cura per il dettaglio è estrema e spesso direttamente legata ai bisogni tipici dell’utente. Se da un lato si cerca quindi di ridurre il più possibile i costi facendo ricorso a componenti presenti e/o riproducibili su larga scala, dall’altro appaiono evidenti la prevalenza, il successo e la diffusione di soluzioni progettate di volta in volta per il singolo, di applicazioni approntate per il riuso, il recupero, la riqualificazione di edifici esistenti. Il primo grande parametro soddisfatto dai transforming apartments è quello della temporaneità. La suddivisione dei bisogni in emergenti, transitori e permanenti ne orienta la progettazione e la produzione e conduce direttamente a due ulteriori ambiti di ricerca: da un lato al binomio trasportabilità/abitabilità, dall’altro al risparmio energetico. Un’unità abitativa che sia il più possibile slegata dai vincoli delle infrastrutture locali, acqua, elettricità, perché da sola soddisfa ciascuna delle necessità descritte, si presta al transito; questo non deve tuttavia ridurre le condizioni di vivibilità. Il trasporto dell’alloggio come estrema ratio della continua trasformazione dunque consente di estendere il campo di studio al settore delle abitazioni ricavate all’interno degli stessi mezzi di trasporto fino alle più recenti tecniche di riutilizzo dei container. Per quanto riguarda il risparmio energetico e la riduzione del consumo delle risorse in genere, senz’altro l’aspetto della trasportabilità incide a sua volta favorevolmente sull’avanzamento della tecnica.  Trasformare uno stesso spazio in più cose è, in partenza, un principio di economicità e risparmio in primo luogo di suolo, di area occupata. L’applicazione su larga scala dei transforming apartments è in linea con il processo di urbanizzazione e di densificazione che avviene oggi a livello globale. Ma non solo. Il multiuso è economico anche quando non si trova legato al piccolo o al piccolissimo. Riutilizzare, riciclare lo stesso spazio, anche esteso in partenza, presenta comunque dei benefici immediati e a lungo termine. E le tecniche e i principi del transforming possono facilmente applicarsi ad altri settori oltre quello abitativo, trasferendosi nei luoghi di lavoro e dello stare.  Una rivoluzione che premia il progettista poiché favorisce l’individualità delle scelte, le soluzioni ad hoc, e consente il re-cycle dell’esistente. L’approccio è il più possibile multidisciplinare. Sono numerosissimi i settori coinvolti a vari livelli, da quello tecnologico, domotico, ingegneristico a quello del design, della ricerca sui materiali, fino a quello artigianale e manifatturiero. L’architetto ne è il coordinatore prescelto.  Le possibilità applicative del sistema finora descritto sono, come si evince, pressoché infinite. Immediatamente sotto i nostri occhi nella nostra città, specchio di una condizione ascrivibile all’intero paese, è l’ingente patrimonio edilizio che necessita interventi che vanno dalla semplice manutenzione alla riqualificazione. Altrettanto consistente risulta l’emergenza abitativa. Sono ben 13.000 i nuclei familiari in attesa di un alloggio soltanto a Roma, e pochissime in percentuale le richieste annualmente soddisfatte.  I transforming apartments possono generare e rigenerare le risorse più importanti: lo spazio, il suolo, l’energia. Un’applicazione sistematica migliora la qualità della vita nel rispetto delle esigenze individuali. I transforming apartments possono arrivare, dall’interno, a trasformare la nostra città.