di Virginia Rossini
La gestione del patrimonio ruota intorno a tre aspetti distinti, tra loro strettamente collegati: tutela, conservazione e valorizzazione. Secondo il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, la tutela garantisce la protezione e la conservazione dei beni, con il fine della pubblica fruizione; la conservazione attua lo studio, la prevenzione, la manutenzione e il restauro dei beni; la valorizzazione promuove il patrimonio culturale, basandosi sulla sua conoscenza, con l’intento di una sua migliore fruibilità. I tre aspetti sono strettamente connessi tra loro e andrebbero auspicabilmente considerati in chiave sistemica per raggiungere, presumibilmente, i migliori risultati: la tutela del patrimonio si attua attraverso la sua conservazione, mentre la relativa valorizzazione, promuovendone la fruizione presso un pubblico attento, potrebbe desumere quell’indotto economico, utile al relativo reinvestimento per la manutenzione dei beni stessi. Tale visione sistemica di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio presupporrebbe un tipo di gestione basata su di una politica economica e sociale capace di investire fondi, aggiornare gli strumenti legislativi e riformare la macchina amministrativa.
Organi di governo del territorio
La recente riorganizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT), la cosiddetta Riforma Franceschini, ispirata ai principi di spending review, sembrerebbe orientarsi, nelle intenzioni, verso l’integrazione della gestione del patrimonio con la promozione del turismo, introducendone una Direzione Generale, il rimodernamento della struttura organizzativa generale e la semplificazione dell’amministrazione degli organi periferici. Uno dei punti focali consiste nell’accorpamento della Direzione Generale Belle Arti e Paesaggio con quella Archeologia, che, a livello territoriale, divenendo un unico organismo di riferimento per il cittadino, potrebbe semplificarne l’interlocuzione. Tra le novità della Riforma, nell’ottica della promozione della cultura diffusa, stimolo per un turismo di qualità, si dà molta rilevanza alla riorganizzazione delle strutture museali. La creazione della Direzione Generale Musei si pone l’obiettivo di aggiornare il concetto di “sistema museale”, introducendo i poli museali regionali, e attribuendo autonomia speciale a quei musei di grande rilevanza nazionale, aprendo le porte a bandi internazionali per assegnarne la direzione.
La capitale detiene una Sovrintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, una Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, una Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area Metropolitana di Roma, accorpata alla provincia di Viterbo e all’Etruria Meridionale. Tali organi periferici del Ministero hanno il compito di tutelare il patrimonio archeologico, artistico, architettonico e paesaggistico. A livello locale, esiste poi la Sovrintendenza Capitolina, una “struttura di linea” di Roma Capitale, che gestisce, mantiene e valorizza i beni architettonici, archeologici e storico-artistici monumentali di proprietà comunale, rapportandosi con le sovrintendenze statali per ciò che riguarda la tutela e la conservazione.
Tuttavia, non è sempre semplice comprendere chi fa capo a cosa e soprattutto discernere la gestione statale da quella locale. A volte, infatti, a Roma capita anche che alcuni beni siano di proprietà in parte statale e in parte comunale. Esempio emblematico sono i Fori Imperiali, divisi tra le due istituzioni: come si può facilmente immaginare, questo rende la gestione del sito estremamente complessa e farraginosa. La volontà di superare questa dicotomia risulterebbe già con alcune iniziative, quali l’istituzione della Commissione paritetica MiBACT-Roma Capitale nel 2014, finalizzata allo studio di un “Piano strategico per la sistemazione e lo sviluppo dell’Area Archeologica Centrale di Roma”, a cui fa seguito lo strumento operativo, l’Accordo per la valorizzazione dell’Area archeologica centrale”, del 2015; poi l’annunciata creazione del Consorzio per i Fori di Roma, del 2015, d’intesa tra l’ex sindaco Marino e il ministro Franceschini, di cui però, dopo le dimissioni del sindaco, non si hanno più notizie. Verrebbe spontaneo domandarsi il senso di una gestione dissociata all’interno dello stesso territorio, e se non abbia più senso coniugare gli sforzi per offrire un governo unitario, efficace ed efficiente del patrimonio della città, auspicando, quindi, un seguito alle iniziative volte in tal senso.
Il restauro del Colosseo
Il ministro Dario Franceschini si dichiara soddisfatto delle risorse destinate al suo settore, annunciando che anche nella legge di stabilità 2017 gli stanziamenti saranno in aumento. Tuttavia, gli investimenti statali non sono mai stati, e non sono tuttora, neanche lontanamente sufficienti per la gestione del patrimonio. Di qui il recente tentativo di ricorrere al grande potenziale delle due forme di sponsorizzazione - tecnica e pura, entrambe ancora poco usate - e i numerosi appelli ai mecenati, come quello lanciato dal Commissario Straordinario di Roma Capitale, Francesco Paolo Tronca, lo scorso maggio, invocante l’aiuto dei privati per raccogliere 500 milioni di euro a favore di 100 progetti. Ultimo in ordine di tempo, quello del Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali, Claudio Parisi Presicce, a ottobre, che quantifica la necessità urgente di almeno 30 milioni per interventi di manutenzione straordinaria di dieci monumenti, necessari a causa della cronica mancanza di fondi negli ultimi tre anni.
A Roma vi è un’unica esperienza recente di sponsorizzazione, per riportare un simbolo della città eterna all’originario splendore, grazie al contributo di una impresa. Il restauro del Colosseo è stato promosso dall’allora Commissario delegato per le aree archeologiche di Roma e Ostia antica, d’intesa con l’allora Sovrintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma, firmataria di un contratto per il finanziamento dei lavori per 25 milioni di euro, con il Gruppo Tod’s a giugno 2011. Il progetto, concordato con il Ministero e Roma Capitale, prevede sei punti: la sostituzione del vecchio sistema di chiusura delle arcate perimetrali con cancellate; il restauro dei prospetti settentrionale e meridionale, il restauro degli ambulacri e dei sotterranei; la messa a norma e l’implementazione degli impianti; la realizzazione di un centro servizi esterno che accolga le attività di supporto attualmente ospitate all’interno del monumento (accoglienza, biglietteria, bookshop, servizi). I primi due punti sono già inaugurati dallo scorso luglio, e il 3 ottobre il ministro Dario Franceschini ha annunciato che il bando per l’area di accoglienza sarà «a breve». La Corte dei Conti, analizzata l’opera, evidenzia alcune criticità emerse. Tra queste, si rimarca il ritardo nell’avvio delle altre azioni previste, ascrivibile peraltro esclusivamente all’amministrazione pubblica, dato che l’accordo con Tod’s è classificabile come sponsorizzazione pura (e dunque si riduce al finanziamento dei lavori, senza alcun ruolo o responsabilità nel loro avanzamento), nella deliberazione del 4 agosto 2016, riferita alle “Iniziative di partenariato pubblico-privato nei processi di valorizzazione dei beni culturali”. La Corte dei Conti mette in dubbio e sottolinea, nell’ambito di una riflessione sulla prassi delle sponsorizzazioni, la sproporzione tra il finanziamento del gruppo guidato da Della Valle e la durata dei diritti esclusivi di utilizzo del logo del Colosseo. Questi si protrarranno per due anni dopo la fine dei lavori, e il logo potrà essere sfruttato per 15 ulteriori anni dall’associazione Amici del Colosseo, di diretta emanazione di Tod’s. Con uno sguardo al panorama nazionale degli interventi sostenuti da sponsorizzazioni, ciò che emerge è, secondo la Corte dei Conti, il carattere di episodicità e frammentarietà, la mancanza di un quadro conoscitivo completo e di programmazione razionale e a lungo termine nella gestione degli interventi, anche al fine di poter coniugare i contributi privati con la disponibilità pubblica e di poter garantire un controllo consapevole sulla gestione delle urgenze, guidando opportunamente l’apporto privato.
Interventi sulla Fontana di Trevi e sulla Scalinata di Trinità dei Monti
Altri due sono i restauri di cui si parla molto, incentivati dalla legge sull’Art Bonus, l’agevolazione fiscale che permette a persone fisiche e giuridiche di usufruire di un credito di imposta del 65% sull’importo delle donazioni, e sono quello della Fontana di Trevi e quello della Scalinata di Trinità dei Monti. Il primo, sostenuto dalla maison di moda Fendi, è iniziato nel 2014 e si è concluso a fine 2015, anche se annunciato in realtà l’anno prima dell’entrata in vigore dello sgravio fiscale. Nell’ambito dei lavori di restauro, l’impianto di illuminazione è completamente rivisto da Acea, su incarico di Roma Capitale, con la supervisione della Sovrintendenza Capitolina. Il nuovo sistema vede 100 proiettori a led installati sul complesso, per una migliore illuminazione d’accento, con consumi estremamente ridotti rispetto al precedente impianto, risalente agli anni ’90. L’intervento commissionato alla multiutility riguarda anche il sistema di addolcimento dell’acqua della fontana settecentesca, per ridurne gli effetti sui marmi. Come annunciato dall’AD della maison di moda Fendi, Pietro Beccari, il marchio si impegnerà per il recupero di altre quattro fontane, nell’ambito del progetto Fendi for Fountains: dell’Acqua Paola al Gianicolo, del Mosè in Piazza San Bernardo, del Peschiera in Piazzale degli Eroi e il Ninfeo del Pincio. Un inaspettato dono alla città di Roma, che ha, come contropartita, un grande ritorno di immagine per la casa di moda: basti pensare alla sfilata per il lancio della collezione 2016-2017 (in occasione della quale altri 200.000 euro sono stati donati a Palazzo Poli), tenuta proprio sulla fontana monumentale, grazie a una impalcatura in plexiglas.
Il secondo grande intervento favorito dall’Art Bonus è quello della Scalinata di Trinità dei Monti, inaugurata il 21 settembre dopo il restauro durato un anno, sostenuto dalla maison di gioielli Bulgari, impegnata finanziariamente quest’anno anche nel restauro di una porzione dei mosaici policromi di Caracalla, con un contributo di circa 50.000 euro. L’impegno dell’azienda, come annunciato dal suo AD, Jean-Christophe Babin, continuerà a sostenere la fase successiva del lavoro sui mosaici, e altre opere nel biennio 2017-2018.
Secondo il MiBACT, l’Art Bonus, introdotto con la legge 106 del 2014, e reso permanente dalla legge di stabilità 2016, ha prodotto finora un aumento del 500% delle elargizioni. Gli interventi che è possibile sostenere comprendono la protezione, la manutenzione e il restauro dei beni culturali pubblici, il sostegno a istituti e luoghi della cultura pubblici, fondazioni lirico-sinfoniche e teatri di tradizione, la realizzazione, il restauro e il potenziamento di strutture di enti e istituzioni pubbliche dello spettacolo.
La Città Storica
Al di là degli interventi che riguardano le icone della città, riconoscibili a livello mondiale, è rilevante che l’intero centro storico di Roma faccia parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 1980. Dal 1990, su richiesta della Santa Sede, il sito comprende anche le proprietà extraterritoriali del Vaticano nella città e San Paolo fuori le Mura. La relativa gestione è affidata, a vario titolo, a diversi soggetti, quali: MiBACT, Roma Capitale, Regione Lazio e Vicariato. Nel 2015, la Commissione istituita da Roma Capitale, comprendente le suddette istituzioni, redige il Piano di Gestione, adottato con delibera comunale lo scorso aprile. Questo documento di coordinamento operativo, richiesto dall’UNESCO per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio oggetto di tutela, descrive lo stato di fatto del sito, individua gli obiettivi da raggiungere e definisce azioni necessarie e modalità di implementazione. In assenza di notizie certe riguardo gli eventuali accordi tra MiBACT e Roma Capitale per la conduzione unitaria dell’area centrale urbana, ci si porrebbe l’interrogativo su quale futuro riserverebbe la gestione della città storica, anche alla luce delle recenti modifiche ed integrazioni degli uffici e servizi di Roma Capitale. La delibera comunale relativa dello scorso ottobre, infatti, smembra le competenze della Unità Organizzativa Città Storica, fino a oggi afferenti unicamente al Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, tra la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e il Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana.
Quello che appare chiaro è che, nell’ottica della razionalizzazione delle poche risorse disponibili e della moltitudine di esigenze, è necessario risolvere le problematicità con urgenza, prima che si trasformino in altrettante emergenze, per poter garantire ai cittadini - e ai turisti - una gestione ponderata che tuteli la fruizione dei beni culturali e ne garantisca la tutela e conservazione. In questo senso, il turismo non è secondario, se si promuove quello culturale. E non è casuale che sia una competenza interna allo stesso MiBACT. Alla recente presentazione del 12° rapporto annuale di Federculture, si è evidenziato un rilevante recupero di “ben 18 posizioni nella competitività turistica italiana del World Economic Forum” e un generale progressivo recupero dal crollo dei consumi culturali del 2012 e 2013. Tale ripresa è presumibilmente addebitabile alla recente politica strategica di investimenti volti alla valorizzazione della cultura e dei beni culturali.
Come dimostrano tutti gli interventi e i progetti raccontati nelle pagine che seguono, non è pensabile immaginare la gestione della città storica e del patrimonio in generale, se non in maniera unitaria e organica, promuovendo maggiormente l’applicazione dell’Art Bonus, per contribuire alla tutela e conservazione dei beni e per costituire un volano per l’economia della capitale, nel rispetto della qualità degli interventi. Risulterebbe, quindi, importante fare un passo indietro per prendere le distanze e lasciare spazio a una nuova visione, d’insieme, nella sua rete di relazioni reciproche, da osservare nel suo complesso.