AR 117 / Tematica

Ripensare la mobilità con interventi a basso impatto ma significativi

di Domenico Sandri

Dirigente di Romametropolitane
* Call Tematica

In un quadro come quello attuale dove la costruzione di nuove linee infrastrutturali del “ferro” è problematica, sia per la scarsità delle risorse sia per i lunghi tempi necessari all’esecuzione, si vuole porre l’attenzione sulla possibilità di realizzare una serie di interventi minori, ma trasportisticamente rilevanti e significativi sotto il profilo della riqualificazione urbana. Proposte tese a sfruttare al meglio la rete esistente, incentrate sul “nodo-stazione” inteso come il luogo dell’accesso e dello scambio. Nel primo caso si tratta di azioni volte a riqualificare e incrementare le possibilità di accesso al nodo-stazione da reti diverse da quelle del trasporto pubblico (pedonale, ciclabile, stradale, ecc.); nell’altro, invece, di migliorare il nodo-stazione ottimizzando lo “scambio” tra più reti del trasporto pubblico (ferrovie, metro, tram, bus) così da costituire un sistema unico del trasporto. 

La stazione San Giovanni e altre potenzialità della mobilità sotterranea a Roma

di Filippo Lambertucci

Ricercatore presso Sapienza Università di Roma

È in atto da anni una delle campagne archeologiche più vaste che abbiano interessato la città da lungo tempo, sia per estensione sia per profondità; eppure se ne sente poco parlare, se non in concomitanza di rinvenimenti - effettivamente eccezionali - che continuano a sorprendere pubblico ed esperti. Si tratta dei saggi e degli scavi compiuti funzionalmente alla realizzazione, lenta e faticosa, della nuova linea C della metropolitana cittadina che si appresta ormai ad entrare, tra mille difficoltà e polemiche, nel corpo vivo dell’enorme centro storico di Roma. Non serve ricordare quanto quest’ultimo sia il più formidabile deposito di strati, tesori e documenti non solo dell’antichità più remota, ma anche di fasi più recenti, cresciute una sull’altra senza smettere di riscrivere un palinsesto che stiamo ereditando e sul quale abbiamo il dovere di scrivere la nostra pagina di contemporaneità. Tuttavia questo potenziale enorme stenta a entrare nel sentire comune come una risorsa a cui poter e dover attingere a piene mani per una fruizione evoluta e aggiornata di una città che spesso sembra più oppressa dal peso del suo stesso patrimonio piuttosto che alimentata da esso. Delizia degli archeologi, la stratificazione della città

Recupero e trasformazioni di un’architettura moderna

di Massimo Locci 

Il destino della Stazione Termini, nel bene e nel male, è sempre stato legato agli eventi epocali di Roma e ne riflette il suo sviluppo, le crisi e le contraddizioni. A partire dall’ubicazione sul colle dell’Esquilino, tecnicamente poco opportuna, in quanto sostanzialmente dipendente da “interessi legati alle speculazioni edilizie di Monsignor De Merode” (P.O. Rossi).

Il primo edificio, progettato da Salvatore Bianchi, fu costruito (1864-71) per riunificare in un’unica stazione di testa le tre principali linee ferroviarie dello stato papalino. È stata la prima opera pubblica entrata in esercizio dopo il trasferimento della Capitale. Nella fase post-unitaria la stazione risulta subito inadeguata per il nuovo ruolo di principale snodo ferroviario nelle connessioni a livello nazionale.