La problematica impiantistica nella conservazione e tutela del patrimonio storico

di Virginia Rossini, Alessandra Montenero, Giancarlo Goretti, Gianfranco Carrara, Paolo Marongiu

Il territorio italiano rappresenta il paesaggio con la più alta densità di beni culturali al mondo. Pertanto, dovrebbe essere considerato, tutelato e conservato nel pieno rispetto della sua storia, coniugandola alle esigenze della vita contemporanea, grazie a una sapiente pianificazione e progettazione. Viceversa, spesso si rilevano evidenti segni stridenti che producono dissonanze sgradevoli in questo paesaggio così pregevole quali, ad esempio, condizionatori, canalizzazioni di impianti, ecc. Uno degli aspetti più rilevanti da risolvere ai fini della tutela del territorio e del paesaggio italiano risulta quindi essere la problematica

dell’impiantistica. L’aspetto formativo, normativo, architettonico e imprenditoriale di questa materia sono argomenti aventi la stessa matrice, rappresentata dall’importanza di ridare centralità e organicità alla progettazione, non sommatoria di progetti settoriali, ma un unicum che sappia coniugare ogni aspetto del tema progettuale, donando qualità al prodotto finale. La Consulta dei Beni Culturali e il Dipartimento dei Beni Culturali hanno costituito un gruppo di lavoro che, soprattutto grazie al prezioso e costante impegno dell’arch. Alessandra Montenero, coadiuvata dal 

prof. arch. Alessandro Sartor e dall’arch. Antonella De Bonis, ha offerto un efficace contributo alla tematica. Il convegno “La problematica impiantistica nella conservazione e tutela del Patrimonio Storico - Aspetti architettonici, formativi, normativi, imprenditoriali” tenutosi a Roma il 23 febbraio 2015 ha rappresentato sia un punto di arrivo per quanto svolto finora, sia un punto di partenza, grazie all’azione sinergica tra soggetti istituzionali, associativi di categoria e imprenditoriali, per fornire stimolanti spunti di dibattito e concrete opportunità di proposte operative future. Sarebbero infatti auspicabili tavoli di concertazione per la redazione di linee guida per la progettazione degli impianti nel patrimonio storico, progetti europei di ricerca, proposte di modifiche o integrazioni alle normative, concorsi di idee tra progettisti e imprenditori del settore, e non certo ultimo, un forte impulso all’aspetto formativo, base di tutte le argomentazioni espresse per uno sviluppo futuro di qualità.

Come spiegato da Alessandra Montenero, già Direttore Dipartimento LL.PP. e Trasformazione Urbana di Roma Capitale, il convegno è nato da un’esigenza emersa in seno all’Ordine degli Architetti di Roma che, prima con la Consulta e poi con il Dipartimento dei Beni Culturali, ha esaminato le normative vigenti nei comuni della provincia di Roma constatando come le “regole” non siano sufficienti a garantire la tutela del patrimonio architettonico. Spesso infatti le realizzazioni disattendono sia le norme più prescrittive sia quelle di indirizzo per la progettazione. Nell’obiettivo di andare oltre la valutazione estetica degli effetti prodotti da normative tanto dissimili e comunque non rispettate, si è deciso di intraprendere un nuovo percorso iniziando da questo convegno, un primo confronto tra i soggetti che hanno ruoli attivi nella tutela, nella predisposizione e approvazione delle normative, nel controllo del territorio, nella formazione dei progettisti e nella realizzazione degli interventi impiantistici ed edilizi. Dalle relazioni è emerso come qualsiasi progettazione di impianti non possa prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche costruttive degli edifici storici, caratteristiche che potrebbero precludere taluni usi in quanto incompatibili con il rispetto dell’insieme delle leggi sulla sicurezza degli edifici, sull’antincendio, sul superamento delle barriere architettoniche ecc. Sono state anche illustrate le difficoltà insite nell’azione svolta dalle Soprintendenze nell’esaminare i progetti presentati ed è stata evidenziata la specificità italiana, conseguente alle normative “di indirizzo”, rispetto a quella di paesi come ad esempio la Svizzera, dove le Amministrazioni locali offrono progetti già predisposti per soddisfare le diverse esigenze della committenza. 

L’intervento di Giancarlo Goretti, VicePresidente ACER - Centro Studi, ha mosso dalla considerazione di quale sia il ruolo potenziale svolto dall’edilizia nella riduzione del consumo energetico: l’edilizia per gli usi civili nell’Unione Europea impegna infatti oltre il 40% del consumo totale di energia, produce un terzo delle emissioni di CO2, assorbe oltre il 30% delle risorse naturali. In accordo con l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organo tecnico dell’ONU per lo studio sui cambiamenti climatici, l’opinione dei costruttori romani è che sia più conveniente investire nell’efficienza energetica degli edifici che non accrescere l’offerta di energie rinnovabili. Questo soprattutto considerando che la massiva struttura in muratura degli edifici storici consente una notevole inerzia termica e che, in edilizia, risulta molto più conveniente puntare sulla riduzione dei consumi rispetto alla produzione energetica da fonti rinnovabili (senza contare che ogni intervento sull’involucro mantiene effetti duraturi nel tempo). Bisogna inoltre considerare come gli edifici di alto valore storico artistico non si prestino a essere alterati con l’introduzione di tecnologie impiantistiche eccessivamente invasive. Le pur valide e attente normative concordate con gli altri paesi dell’UE sono spesso tarate su realtà nelle quali gli edifici storici rappresentano singoli episodi e non memorie estese a livello urbanistico. In una città come Roma, dove l’intero nucleo centrale ha un valore storico-architettonico riconosciuto a livello mondiale, si potrebbe anche immaginare, secondo Goretti, una esclusione dalle comuni obbligatorietà, per imboccare la strada legislativa del “buonsenso applicato”. 

Rossella Caputo, Dirigente U.O. Qualità Urbana e Certificazione Energetico/Ambientale del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica di Roma Capitale, ha illustrato in rappresentanza dell’Amministrazione i principi alla base del nuovo Regolamento Edilizio di Roma. Il decreto “Sblocca Italia”, nella versione entrata in Consiglio dei Ministri ad agosto 2014, per il nuovo regolamento-tipo prevedeva “[…] le modalità tecniche del recupero del patrimonio edilizio esistente; l’individuazione di misure tecniche volte a perseguire il risparmio energetico e a favorire l’installazione d’impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché a incentivare l’utilizzo di tecniche costruttive di bioedilizia e la qualità architettonica degli edifici”. Il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica per la redazione del nuovo R. E. di Roma intende attualizzare i contenuti della bozza sviluppata nella precedente consiliatura e orientare la nuova stesura al recupero/riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, con un approccio di tipo prestazionale, ponendo particolare attenzione al possibile risparmio energetico anche in aree vincolate e in edifici storici di eccellenza, dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Oggi, le Direttive Europee del 2014 impongono attenzione all’impiego di energia rinnovabile, agli elementi passivi di riscaldamento e raffreddamento, alla qualità dell’aria interna, all’illuminazione naturale e alla rumorosità interna. Negli interventi sull’edilizia storica sarà necessario incentivare l’adozione di soluzioni tecnologiche che privilegino le loro naturali potenzialità di risparmio energetico, integrando sistemi passivi con sistemi attivi, trasferendo nelle nuove norme edilizie i principi bioclimatici finalizzati a un migliore equilibrio tra istanze energetico-ambientali e storico-testimoniali. Per l’applicazione dei principi di sostenibilità agli interventi di conservazione architettonica e di efficientamento degli edifici tutelati, si prevede l’adozione di strumenti innovativi di certificazione del livello di sostenibilità quale il GBC Historic Building (protocollo di certificazione di edifici storici), le cui linee guida costituiscono uno strumento di metodo, ma non misurano l’integrazione o l’interferenza tra impianti ed edificio. 

La tematica della tutela della qualità degli interventi sul patrimonio storico è stata affrontata dal prof. Gianfranco Carrara, Ordinario di Architettura Tecnica presso La Sapienza. La legislazione specifica, prescrittiva e limitativa, non garantisce la qualità mentre ostacola l’innovazione; la normativa dovrebbe dare gli indirizzi di riferimento lasciando l’accettazione della soluzione alla valutazione della qualità del progetto nei confronti del manufatto, degli utenti, del contesto. Per garantire qualità di un intervento, specialmente sul patrimonio edilizio storico, sono necessarie la conoscenza degli aspetti del problema, la collaborazione tra gli specialisti, una progettazione di buon livello, una valutazione consapevole. Per procedere a una valutazione adeguata è necessario conoscere il manufatto storico e il suo contesto, la destinazione d’uso, l’intervento da effettuare, la simulazione del comportamento del manufatto e degli utenti post operam, la simulazione dell’impatto dell’intervento sul contesto.

L’attuale diffuso riferimento ai sistemi BIM per la modellazione delle informazioni non rappresenta una risoluzione del problema: i suoi vantaggi consistono nel fornire un modello integrato e coerente del risultato progettuale; i suoi limiti, nel rappresentare dati e non conoscenza. È quindi adatto alla gestione del progetto e della costruzione, ma non alla progettazione e alla gestione della conoscenza e pertanto non alla valutazione integrata della qualità. La risoluzione del problema valutativo, per quanto attiene alla conoscenza, richiede modelli di rappresentazione e gestione della conoscenza dell’edificio, del contesto e degli utenti, ed è stata affrontata presso l’Università La Sapienza di Roma attraverso lo sviluppo del BKM - Building Knowledge Modelling; per quanto attiene la simulazione, sono necessari modelli del comportamento del manufatto e degli utenti. Le tecniche e le applicazione dei modelli citati sono oggi disponibili come prodotti di ricerca scientifica avanzata. 

Illustrato da Paolo Marongiu, responsabile del settore costruzioni della CNA, il progetto “Tetti puliti” ha coinvolto anche l’ANACI (Amministratori di condominio) e il Presidente della Commissione Ambiente di Roma Capitale, Athos De Luca, oltre a operatori del settore, con l’obiettivo di fare sistema e accrescere la sensibilità su un tema di assoluto rilievo. Sui tetti di Roma sono presenti circa 1.300.000 antenne, per almeno il 50% in disuso e mai rimosse. A queste vanno aggiunte le 400.000 parabole installate sui tetti e balconi. La Deliberazione del Consiglio Comunale n. 95 del 2003 obbligherebbe alla rimozione delle antenne singole, la loro sostituzione con antenne centralizzate e la rimozione dei cavedi che passano lungo le facciate dei palazzi. Non è ammessa, inoltre, l’installazione di parabole sui balconi. Le norme dunque ci sono, ma vengono disattese (dal 2003 a Roma meno del 10% dei condomini ha installato un impianto centralizzato); per questo si è pensato di avanzare una proposta che induca azioni virtuose da parte dei cittadini, facendo leva su incentivi che premino le buone pratiche. La CNA ha avanzato all’Amministrazione Capitolina la proposta di portare il costo sostenuto per l’installazione di un impianto centralizzato in detrazione delle spese per l’occupazione del suolo pubblico dovute per i ponteggi. Al deciso miglioramento del decoro urbano che si otterrebbe, si associa la proposta di realizzare negli edifici impianti centralizzati che distribuiscano, oltre ai segnali televisivi, anche fonia e connettività a banda ultra larga. D’altra parte questo è lo scenario del futuro, quello del cosiddetto condominio “Smart”, dotato di impianto multifunzione che riceve segnali TV, internet, fonia. Ma anche una infrastruttura che accresce le funzioni e le utilità a disposizione dei condomini: videocitofonia, impianti di allarme, ecc. Dalle relazioni e dalle note di sintesi a conclusione del convegno è risultato evidente che il percorso intrapreso debba essere proseguito e che, per valutare in modo consapevole l’impatto dei nuovi impianti tecnici sugli edifici vincolati, debbano essere promossi articolati rapporti tra le Pubbliche Amministrazioni, la scuola, le categorie professionali e gli operatori, con l’obiettivo di proporre normative tecniche innovative, di indirizzare l’approccio progettuale verso una completa multidisciplinarietà e di ampliare la conoscenza delle tecniche di intervento e della tecnologia.

Convegno “La problematica impiantistica nella conservazione e tutela del Patrimonio Storico - Aspetti architettonici, formativi, normativi, imprenditoriali”, Roma 23 febbraio 2015, Casa dell’Architettura