Paolo Mondani: Una nuova filosofia per combattere mafie e malaffare

Molto prima che l’inchiesta su mafia capitale riempisse i titoli principali di quotidiani e telegiornali, il giornalista di Report Paolo Mondani aveva denunciato il malaffare diffuso a Roma, tra scandali, tangenti, collusioni con la malavita organizzata. A lui abbiamo chiesto di fare il punto sul sistema che governa oggi l’edilizia pubblica nella Capitale, sui danni della corruzione e sulle Olimpiadi che verranno. La risposta è un’analisi impietosa e poco confortante. “Nella migliore delle ipotesi, per uscire da questo stato di cose, ci vorranno almeno dieci anni e un lavoro di lunghissima lena” avverte. 

Secondo il Presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, non c’è un solo capitolo in cui il Comune di Roma, a partire dal secondo mandato di Veltroni e successivamente durante la gestione di Alemanno e Marino, abbia rispettato le regole della buona amministrazione. È un problema di natura culturale, politica o normativa? 

È l’insieme di questi tre aspetti. Il quadro regolamentare non funziona, le deliberazioni sono in genere inefficaci o proprio non ci sono, anche di fronte alla più banale delle misure come la rotazione del personale voluta dal commissario Tronca su suggerimento dell’ANAC, la struttura comunale ha resistito impugnando i provvedimenti di fronte al Tar. Molti dei funzionari indicati dalla relazione del prefetto Gabrielli come coloro che alimentavano il malaffare sono rimasti al loro posto e parliamo di un centinaio di persone. 

Come si volta pagina di fronte a questo stato di cose?

Secondo il mio parere, il comune di Roma andava sciolto per mafia per un lungo periodo, c’erano tutti i presupposti della legge per farlo, ma è stato “salvato” per una sorta di ragion di Stato. Oggi chi governa Roma si trova a dover combattere la stessa macchina di sempre, fatta di malaffare e ricatti, dove le persone per bene sono isolate e spaventate.

Ammesso che si potesse arrivare a breve a un sistema a corruzione zero, quanti anni ci vorrebbero per riparare ai danni degli illeciti compiuti nella Capitale?

Se per magia si giungesse a un sistema simile occorrerebbero almeno dieci anni. E ritengo di essere davvero ottimista. Implementare procedure nuove e costruire una classe di amministratori pubblici onesti ed efficienti è lavoro di lunghissima lena.

Pensa ci siano state delle differenze tra le diverse amministrazioni? 

Nessuna delle amministrazioni degli ultimi vent’anni si è posta non dico il problema di combattere la penetrazione mafiosa - che i più ritenevano inesistente - ma nemmeno la necessità di sradicare la corruzione che ha imperato e impera nella macchina capitolina.

Con il risultato che il rapporto dell’ANAC dice: «Si riscontrano ricadute negative sulla qualità delle prestazioni e sull’incremento dei costi, nonché sulla lesione della concorrenza, come effetto della sottrazione alle regole di competitività del mercato di una cospicua quota di appalti, affidati per la maggior parte senza gara». Secondo lei quanto questo sistema è proliferato anche nell’edilizia pubblica, in particolare in quella scolastica, sanitaria, sportiva? 

Segnalo solo un aspetto: l’allora prefetto Gabrielli parlò di “continuità amministrativa” tra la giunta Alemanno e la giunta Marino per quel che riguarda gli affidamenti diretti con la scusa dell’urgenza. Si ricorre sempre alla procedura negoziale anziché alla gara pubblica e questo è il primo male da sradicare. 

Insomma il contrario di una gara pubblica cui tutti possono partecipare. Con quali conseguenze?

Gare? Ma non scherziamo, qui di gare nemmeno l’ombra. Di appalto non si parla mai, ma questo accade in tutta Italia. A Roma succede poi che i costruttori romani, dopo aver ricevuto contributi da parte dell’amministrazione capitolina per realizzare opere di edilizia residenziale pubblica, stipulano contratti di locazione a canoni ben più elevati di quelli previsti. E non realizzano i servizi, consegnano le case senza allacci primari e senza l’abitabilità degli immobili. È il caso di alcune cooperative di costruzione in alcuni famosi piani di zona della periferia. Per non parlare dei circa 42 mila alloggi del Comune, di cui quasi 18 mila sono “fantasma”, non censiti. La Procura di Roma sta indagando sull’ipotesi di turbativa d’asta nel cambio, un anno fa, della concessione all’agenzia che gestiva gli immobili del Comune. Qui la deregulation è totale: affitti stracciati per immobili di grande pregio nel centro storico.

Come funziona da un punto di vista procedurale?

Nel caso dell’edilizia pubblica convenzionata e agevolata una delibera comunale del Consiglio stabilisce le aree di sviluppo e una nuova delibera decide chi costruirà sulla base di una graduatoria delle imprese costruttrici. A Roma i costruttori fanno da sempre cartello e si spartiscono i piani di sviluppo in modo da accontentare tutti i soliti giganti delle costruzioni. La conseguenza più evidente è che una nuova impresa potrebbe non arrivare mai a costruire nulla, a meno che non si accordi con i giganti. E il giro ricomincia.

Ci può fare qualche esempio concreto?

Faccio il caso della zona di Castellaccio all’EUR. L’area è di proprietà del costruttore Parnasi che al tempo si è messo d’accordo con il Comune: lui cede dieci ettari per la realizzazione di edilizia residenziale pubblica agevolata e in cambio il Comune gli concede circa 800 mila mc di nuovi uffici. Parnasi è contemporaneamente proprietario dell’area e il costruttore della parte privata. La zona non aveva certo bisogno di nuovi uffici, ma questa è la follia dell’urbanistica contrattata: il pubblico ha bisogno di case e per avere l’area dove realizzarle concede ad un privato una mega cubatura privata.

Una delle prossime sfide è Roma 2024 ovvero la possibilità che le Olimpiadi si svolgano nella Capitale. Come si può tentare di fare per evitare che si verifichino altri illeciti?

Occorre che l’Amministrazione capitolina faccia il suo dovere e scelga le localizzazioni delle opere in base all’interesse pubblico, non a quello dei privati. Il caso più eclatante è quello dei 17 mila alloggi degli atleti che in base ad una scelta dei promotori del progetto Olimpiadi 2024 si vogliono realizzare nelle aree di competenza della Università di Tor Vergata sulle quali, per via di un’antica convenzione, costruisce in regime di monopolio Francesco Gaetano Caltagirone. Dice nulla questa scelta? Per quel che concerne gli illeciti, diffusi nella pratica del subappalto, io metterei una squadrone dell’ANAC a vagliare appalto per appalto.

Cosa consiglierebbe alla nuova sindaca di Roma Virginia Raggi?

Sono solo un giornalista, ma se potessi consiglierei di cambiare filosofia: smettere di costruire nuovi alloggi e fare un grande bando per il recupero e la ristrutturazione dell’edilizia pubblica in periferia. Sulla corruzione direi di mettere uno stop alle gare con il massimo ribasso, bloccare o ridurre drasticamente il ricorso ai subappalti, fare gare di tipo europeo soppiantando la legge Obiettivo voluta al tempo dal governo Berlusconi e rafforzare il ruolo dell’ANAC in tutti gli appalti pubblici. Ma in questo il Parlamento non aiuta: il nuovo codice degli appalti appena approvato è una delusione. È rimasto il massimo ribasso e l’ANAC ha un ruolo solo di facciata. E poi la corruzione e le mafie si annidano nella gestione esecutiva del contratto e il nuovo codice su questo non cambia una virgola rispetto al passato.