Lo studio Gehl lavora in tutto il mondo. Secondo la sua esperienza, come stanno cambiando le città e come spiega la crescita d’importanza della vita e dello spazio pubblico?
Vita e spazio pubblico sono da sempre fondamentali per la città; ciononostante, ora più che mai i dati ne dimostrano l’impatto positivo sul benessere e sulla felicità delle persone. Con l’aumentare del volume di statistiche e indagini, sono sempre più i governi e le organizzazioni che favoriscono l’integrazione sociale, promuovendo attività in cui coinvolgere i cittadini e organizzando i luoghi per renderli sicuri e confortevoli agli occhi di chi vi abita e lavora. Programmare per i cittadini significa avere a cuore il loro benessere psico-fisico. Alcuni studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dimostrano che gli interventi su scala urbana volti, ad esempio, a favorire l’accesso alle aree verdi, possono migliorare le condizioni di salute, in particolare delle fasce sociali più basse. Promuovere la vita pubblica
significa creare spazi pubblici di qualità, di cui i cittadini possano fruire. Sebbene contesto, clima e ambiente siano elementi variabili a seconda di dove ci si trova, le persone vivono la città in un modo che trascende dalla geografia. Noi di Gehl sosteniamo la città democratica, dove tutti abbiano accesso a un certo standard di vita, dove possano sedersi o giocare, rilassarsi e trovare sollievo dall’inquinamento acustico e da micro-climi deficitari. Spazio pubblico e qualità di vita rientrano tra i diritti dell’uomo e, dunque, le città devono essere progettate per favorire scelte salutari, come andare in bicicletta e camminare. Un numero sempre maggiore di città sta adottando strategie sostenibili in campo pubblico per aiutare le persone ad affrontare i problemi complessi in modo nuovo, prendendo in considerazione elementi come densità, trasporto intermodale, nuove reti urbane per quartieri vibranti e percorsi pedonali ben distribuiti nei centri storici.
Ogni vostro progetto si basa su un metodo rigoroso di analisi e osservazione. Quali sono i fattori urbani che contribuiscono a rendere ogni lavoro diverso? Come enfatizzate il carattere del luogo?
Gehl utilizza un sistema di mappatura della vita pubblica che ci porta a contatto diretto con la città: studiamo le persone nel loro ambiente naturale e registriamo i dettagli della loro vita quotidiana, che cambiano continuamente a seconda del contesto e della cultura. Nei nostri progetti lavoriamo con persone e comunità del posto per costruire le nostre conoscenze e mettere in atto un cambiamento di mentalità. È una pratica piuttosto comune, per noi, durante interventi a scala urbana, che ci permette di osservare come le persone utilizzano un luogo e di testare al tempo stesso più soluzioni, che verranno perfezionate in un secondo momento. In questo modo, facciamo sì che i cittadini scelgano in prima persona quale strada intraprendere e colgano il carattere autentico di un luogo. Attivando le comunità locali riusciamo a valorizzare la ricchezza e l’unicità del luogo, focalizzandoci sulla qualità dello spazio fisico. Tendiamo a concentrarci sul processo di creazione di conoscenza per la cittadinanza e diamo supporto alle autorità affinché, una volta terminato il nostro lavoro, possano continuare a proporre cambiamenti e garantire il carattere del luogo.
In che Paese credete che le vostre attività siano state più rilevanti? Per quale motivo?
Teniamo molto a instaurare collaborazioni a lungo termine; i rapporti più duraturi sono con Copenhagen e Sydney, che lo scorso anno ci ha consegnato le chiavi della città come riconoscimento. Il nostro lavoro con Sydney è cominciato con l’indagine Public Space Public Life Survey e con una visione più ampia del piano Sustainable Sydney 2030. Siamo consulenti da molto tempo e siamo passati dall’effettuare sondaggi al pianificare strategie, contribuendo alla trasformazione di Sydney in città di livello mondiale e modello di vivibilità. Si è trattato quindi di un processo sia di cambiamento di mentalità, sia di creazione di una visione comune con le autorità locali e gli altri stakeholder. Il nostro lavoro nel dare priorità alla vita pubblica è importante per le città già sviluppate tanto quanto per quelle nei paesi in via di sviluppo, ma probabilmente il nostro impegno e la nostra prospettiva hanno un impatto più forte nei centri dell’emisfero meridionale. Lavoriamo spesso in America Latina; ogni volta è un’esperienza determinante nel nostro processo di costruzione di conoscenza. Per esempio, San Paolo e Città del Messico sono due città affascinanti e dalla cultura vibrante, ma che soffrono di problemi comuni ad altri centri dell’America Latina, come il traffico caotico e la carenza di spazio pubblico. La congestione in queste città si riversa sulla salute, sul tempo libero e, in generale, sulla qualità di vita. Nei nostri progetti cerchiamo di costruire un tessuto urbano più orientato alla ciclo-pedonalità, con percorsi lungo i parchi e i marciapiedi fuori dai negozi.Al momento stiamo collaborando con l’Amministrazione di Buenos Aires per trasformare Villa 31, un insediamento spontaneo posto sotto un ponte autostradale, dove vive circa il 10% degli abitanti della città. A causa della situazione politica attuale, stiamo consigliando alle autorità di rendere Villa 31 un quartiere riconosciuto ufficialmente. La città dovrà migliorare le interconnessioni ferroviarie, costruire nuovi complessi abitativi e risanare quelli esistenti per migliorarne gli standard di sicurezza e salubrità. Stiamo inoltre sviluppando un sistema stradale e di spazi pubblici per collegare fisicamente Villa 31 con il resto della città, auspicando un processo di uniformazione del quartiere con gli altri distretti di Buenos Aires. Speriamo che, attraverso questo processo, la città possa avere un nuovo modello applicabile anche in altri insediamenti irregolari.
Jan Gehl ha intuito con anticipo quale sarebbe stato il tema più importante delle città contemporanee. Quali pensa possano essere i problemi delle città di domani?
Le città di domani dovranno senz’altro affrontare diverse problematiche, tra cui crescita urbana, condizioni di salute e democrazia, veicoli autonomi, cambiamenti climatici. Credo tuttavia che se non troveremo modalità per coinvolgere i cittadini nell’ideare, progettare e sviluppare le città e applicare un approccio che metta al primo posto l’individuo nella gestione di tali questioni, il rischio più grande che correranno le città future saranno disordini e diseguaglianza sociale, frutto dei flussi migratori, dell’aumento delle fasce a rischio e dell’ineguaglianza sociale.
In Italia la relazione tra vita e spazio pubblico è storicamente solida. Quali sono i valori che il Paese ha esportato all’estero? Quali invece possono essere importati da esperienze internazionali?
Nel 1965, in Danimarca, Jan ricevette una borsa di ricerca per studiare sei mesi in Italia. Durante quel periodo, Jan osservò gli spazi pubblici e i reticoli stradali stretti - quasi intimi -, compatti e a misura d’uomo; tutte qualità assenti in molte città e, in particolare, nei nuovi centri di stampo moderno. Poté così documentare l’importanza della piazza e altre buone pratiche utili come base per i suoi libri e la fondazione dello studio Gehl. Quest’esperienza fu utile a definire il famoso approccio che mette in primo piano le persone e di cui siamo convinti sostenitori. È altrettanto importante sottolineare l’importanza che gli italiani attribuiscono al patrimonio culturale, alla storia dell’architettura e all’urbanistica che favorisce relazioni dinamiche tra residenti e turisti. Si tratta di un equilibrio che molte città cercano ancora di raggiungere. In ogni caso, in Italia, molti centri urbani peccano nei trasporti e, in generale, nella mobilità urbana sostenibile. Sembra mancare di una leadership politica locale per fronteggiare questi problemi; probabilmente il Paese dovrebbe re-importare dall’estero la capacità di fornire luoghi e spazi a chi ne ha la priorità.
Rimanendo in Italia, Roma è una città estremamente complessa e stratificata. Secondo lei, quali sono le priorità riguardo gli spazi urbani in un contesto come quello capitolino?
Non è una novità che Roma abbia un problema con i parcheggi e con l’invasione delle auto nello spazio pubblico, specialmente nelle strade più strette e a scala umana della città. I pendolari di Roma perdono più di sei giorni interi all’anno imbottigliati nel traffico all’interno del proprio veicolo, tempo che invece potrebbe essere dedicato alla famiglia e agli amici, all’aria aperta e in relax. Eliminare le auto private dagli spazi pubblici è una sfida per molte città europee, Roma inclusa. Ritengo inoltre che il lungotevere sia ad oggi un’occasione non sfruttata dalla città. Anche in questo caso è il traffico a fare da padrone, quando invece dovrebbe essere una lunga passeggiata che attraversa la Capitale. Credo che Roma possa ancora migliorare i collegamenti tra il centro storico, i quartieri periferici e la vicina provincia, ampliando l’offerta di spazio pubblico a beneficio delle famiglie e degli anziani.
Nell’ottica dello studio Gehl, consideriamo lo sviluppo di una solida rete di spazi urbani come un processo. Quando si vive in una città ad alta densità come Roma, l’accesso a una rete di aree pubbliche adeguate è essenziale per renderla un’estensione del proprio spazio domestico. Per comprendere le priorità e quindi le sfide da affrontare in loco, iniziamo dall’analisi degli spazi pubblici e identifichiamo le aree dove la vita pubblica è più a rischio e quelle dove abbonda. Coinvolgiamo enti ed ONG locali, aziende e amministrazioni del territorio, così come i cittadini, al fine di costruire un senso di co-gestione del processo. Sviluppiamo poi un piano ben strutturato che prende in considerazione le problematiche emerse dalle analisi, spesso ripetendo una serie di operazioni per raccogliere dati e mostrare con evidenza un percorso di cambiamento sia per i cittadini sia per i decision maker. È importante non perdere di vista il valore della cultura, concentrandosi su come utilizzare la città e come questa si relaziona con l’ambiente fisico, essendo questi due elementi totalmente dipendenti l’uno dall’altro.